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e-commerce in Europa: le imprese incontrano problemi legali

2 Dicembre 2003 Commenta

Il 30% delle imprese ha dichiarato di aver incontrato problemi di tipo legale nello sviluppo della loro attivita’ di commercio on-line, secondo una recente inchiesta della Commissione europea.
Partendo dal presupposto che la maggior parte delle direttive che fissano il quadro normativo dell’e-commerce sono state adottate prima che ci fosse il boom di questo tipo di attivita’, la Commissione Ue ha deciso di procedere a una consultazione tra le imprese al fine di analizzare l’attuale situazione e studiare gli eventuali interventi di carattere normativo.
Il 16 settembre scorso, la Commissione Ue ha avviato questa consultazione via Internet, che si e’ chiusa il 17 novembre scorso, e che riguardava appunto gli ostacoli giuridici con cui debbono confrontarsi a oggi le imprese quando utilizzano il commercio elettronico e altre applicazioni di e-business.
Si tratta di rilevare i problemi derivanti, ad esempio, da disposizioni normative  nazionali tra loro differenti, in materia di  fatturazione elettronica, o nell’ambito del trattamento giuridico  tra le transazioni commerciali on-line e quelle off-line.
Alla consultazione hanno aderito 651 imprese europee, la maggior parte attive nel settore dell’informatica e delle telecomunicazioni e con meno di 50 dipendenti. L’82% di queste, considerano l’e-commerce come un’attivita’ “importante o molto importante”.
I risultati di questa consultazione saranno analizzati da un Gruppo di lavoro della Commissione Ue e pubblicati a marzo, e faranno anche da base alla conferenza “Commercio elettronico senza frontiere: la sfida giuridica”, che si terra’ a Dublino nell’ultima settima del prossimo aprile.

Appare evidente anche da queste indagini statistiche la volonta’ degli organi comunitari di lanciare in maniera definitiva il commercio elettronico in tutti i paesi dell’Unione ed ovviamente un simile intento presuppone la conoscenza dei maggiori ostacoli che impediscono il decollo dell’e-commerce.
Secondo la rilevazione statistica il 30% delle imprese che hanno aderito alla consultazione hanno dichiarato di aver gia’ dovuto fare i conti con problemi di natura giuridica nell’ambito delle loro attivita’ di e-commerce: per il 16% tra queste, si tratta di problemi relativi alla conclusione e alla validita’ dei contratti. Il 12,7% ha fatto presenti le difficolta’ legate all’imposizione fiscale, e il 12% ha avuto problemi riguardanti la regolamentazione per la firma elettronica o anche per la fornitura dei servizi on-line.
Altri ostacoli richiamati all’attenzione, sono quelli che riguardano il marketing e la pubblicita’, i pagamenti, le autorizzazioni o i rapporti di e-commerce  con altri Paesi. Secondo la maggior parte delle imprese, la principale ragione delle difficolta’ rilevate dipende dalla mancanza di un chiaro quadro normativo in materia; come anche, dalla molteplicita’ delle regole esistenti nei differenti Paesi.

Gli sviluppi tecnologici e i progetti di promozione dell’adozione del commercio elettronico nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo dell’UE si sono concentrati sull’offerta di una vasta gamma di elementi modulari interoperabili e compatibili con le piattaforme elettroniche internazionali di contrattazione tali da includere soluzioni per i servizi di pagamento, la gestione dei diritti di proprieta’ intellettuale, la imposizione fiscale, la certificazione dell’identita’ dei contraenti.

La Unione Europea ha riconosciuto la insostituibilita’ del ruolo della cooperazione industriale e tecnologica internazionale, strumento indispensabile per affrontare la dimensione globale del fenomeno, segnatamente nei settori della sicurezza del commercio elettronico, dei pagamenti elettronici internazionali, della attivazione su vaste aree del mercato di efficienti servizi di supporto multilingue. La Commissione ha potenziato inoltre la cooperazione internazionale in atto nel settore del commercio elettronico promuovendo progetti pilota globali nel quadro della collaborazione del G7 “Mercato globale per le PMI”.
Le speranze di sviluppo del commercio elettronico europeo, sono, analogamente al mercato statunitense, riposte nelle capacita’ delle amministrazioni nazionali di creare ambienti elettronici di contrattazione affidabile e confortevoli: i consumatori e le imprese debbono essere certi che le rispettive transazioni non siano intercettate o modificate, che l’identita’ del venditore/acquirente sia effettivamente corrispondente alla verita’, che siano accessibili meccanismi per effettuare le transazioni in maniera legale e sicura.
Nutrite preoccupazioni si affollano intorno all’identita’ e alla solvibilita’ dei fornitori, all’effettiva ubicazione degli stessi, agli effetti giuridici sorgenti dall’esecuzione dei contratti a distanza, all’integrita’ delle informazioni, alla protezione dei dati personali e della vita privata, all’affidabilita’ dei pagamenti, alla rivalsa in caso di errori o di frode, ai possibili abusi di posizione dominante.
La dimensione del mercato unico europeo offre, qualora ne sia assicurato l’accesso alla interezza della categoria degli operatori del commercio elettronico, una “massa critica” di consumatori, indicato spesso dalle aziende on-line d’oltreoceano, come il principale traguardo da raggiungere al fine di rendere disponibile su larga scala i servizi di acquisto on-line. Tuttavia, a fronte delle nuove sfide poste dal commercio elettronico, gli Stati membri stanno rispondendo in modo eterogeneo spesso adottando apparati normativi divergenti, approccio da ritenersi non solo inefficace, per via del carattere transfrontaliero del commercio elettronico, ma foriero di negative conseguenze sulla  unita’ stessa del mercato europeo, e responsabile nel breve periodo della costrizione dello sviluppo del commercio elettronico in Europa.

Non poche sono le direttive europee di riferimento che si sono succedute in questo specifico settore, tra cui quella sulla protezione dei dati (Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonche’ alla libera circolazione di tali dati), sulla tutela giuridica delle banche dati (Direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati); sui contratti negoziati a distanza (Direttiva 9/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 febbraio 1997 sulla protezione dei consumatori in materia di contratti negoziati a distanza), che hanno rappresentato originariamente misure specifiche per scoraggiare eventuali azioni divergenti poste in essere dai governi nazionali capaci di inficiare gli effetti dei lodevoli sforzi espressi dalla Commissione Europea per la elaborazione di un quadro regolatore flessibile ed appropriato in materia di commercio elettronico.
Successivamente e’ intervenuta la Direttiva n. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 8 giugno 2000 pubblicata il 17 luglio 2000 nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’ Europee, che pur ponendosi come obiettivo principale l’armonizzazione del quadro giuridico europeo di settore con l’eliminazione degli ostacoli che attualmente limitano lo sviluppo del commercio elettronico, ancora non e’ riuscita nel suo intento.
Difatti allo stato attuale lo sviluppo dei servizi della societa’ dell’informazione nella Comunita’ continua ad essere limitato da numerosi ostacoli giuridici, tali da scoraggiare o rendere meno attraente l’esercizio della liberta’ di stabilimento e la libera circolazione dei servizi.
Gli ostacoli derivano principalmente da:
a) divergenze tra le legislazioni nazionali;
b) l’incertezza giuridica dei regimi nazionali applicabili;
c) l’incertezza sull’ampiezza del controllo che gli Stati membri possono esercitare sui servizi provenienti da un altro Stato membro.

Un effettivo ed efficace coordinamento a livello di Comunita’ europea delle misure nazionali di regolamentazione del commercio elettronico (ancora non esistente) dovrebbe consentire di:
1. evitare la frammentazione del mercato interno, ovvero instaurare un vero e proprio spazio senza frontiere interne per i servizi della societa’ dell’informazione (libera circolazione dei servizi dei servizi della Societa’ dell’informazione tra gli Stati membri), affinche’ i cittadini e gli operatori europei possano usufruire appieno e al di la’ delle frontiere delle opportunita’ offerte dal commercio elettronico.
2. rafforzare la posizione di negoziato della Comunita’ nelle sedi internazionali.
3. evitare incertezze circa la competenza delle varie autorita’ nazionali per garantire efficacemente la libera circolazione dei servizi e la certezza del diritto per i prestatori e i loro destinatari, questi servizi devono essere sottoposti soltanto alla normativa dello Stato membro nel quale il prestatore e’ stabilito (Principio dello Stato d’origine); garantire che il controllo sui servizi della societa’ dell’informazione venga effettuato all’origine dell’attivita’; garantire che l’autorita’ competente assicuri questa tutela non soltanto per i cittadini del suo paese ma anche per tutti i cittadini della Comunita’.

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