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Legali le modifiche della Playstation

20 Gennaio 2004 Commenta

Legittime le modifiche alla Playstation che consentono la lettura di programmi non originali. Il Tribunale per il Riesame di Bolzano infatti, con ordinanza del 31/12/03, ha considerato legittime le modifiche che spesso vengono apportate alla famosa console per videogiochi Playstation 2, in apparente violazione del reato di  cui all’art. 171-ter, della legge 22 aprile 1941, n. 633.
Nell’ordinanza si parla genericamente di Playstation, ma la prima versione non presentava le caratteristiche di questa seconda versione piu’ evoluta.

Davvero interessante questa ordinanza del Tribunale del Riesame di Bolzano che esamina una questione molto dibattuta, specialmente a livello internazionale, sulla natura legale delle modifiche che spesso vengono apportate alla famosa console per videogiochi Playstation 2.
In realta’ lo schema di protezione dei giochi della Playstation e’ diviso in due parti: una serve ad impedire la duplicazione dei CD con i comuni masterizzatori (ci sono una serie di codici di controllo nei CD, che i masterizzatori interpretano come errori correggendoli, la Playstation non trovandoli capisce che il CD e’ copiato; la seconda protezione e’ per evitare l’importazione dall’estero dei giochi, ci sono i soliti codici di controllo che rendono compatibile le consolle di una determinata nazione solo con i CD prodotti nello stesso paese. Il MOD CHIP bypassa le protezioni rendendo leggibili su tutte le consolle i CD di qualsiasi paese, sia masterizzati che ufficiali.
Naturalmente una simile modifica non e’ gradita ai produttori Sony che, specie in campo internazionale hanno lanciato un attacco deciso contro queste “illegittime” modifiche ottenendo pero’ alterni risultati.
Il caso australiano menzionato nella stessa ordinanza e’ quello di un rivenditore di PlayStation di Sydney, Eddy Stevens, “accusato” e denunziato dalla Sony per aver installato dei chip-decodificatori nelle console e averli venduti. Stevens si rivolse all’authority australiana per la concorrenza, che gli offri’ il proprio supporto. La Commissione australiana per la Concorrenza e i Consumatori (ACCC) si schiero’ dalla parte di Stevens in quanto, secondo l’associazione, la codificazione di giochi (e dei DVD) a livello regionale rappresenta una seria limitazione della liberta’ di scelta dei consumatori e della possibilita’ di accesso a beni dai prezzi competitivi. Secondo la Sony, invece, la codificazione regionale, in base alla quale le console vengono vendute nelle tre aree geografiche esclusive (Europa, Asia, America), servirebbe ad evitare la pirateria.

In primo grado la Corte Federale australiana aveva deliberato che i possessori della console per videogiochi PlayStation prodotta e commercializzata da Sony avevano tutto il diritto di modificare i loro apparecchi per poter utilizzare e usare giochi importati o copiati. Ma poi, a seguito del ricorso in appello della societa’ giapponese, la Corte Suprema ha stabilito che vi e’ una violazione del diritto d’autore in conformita’ a quanto deciso in Gran Bretagna e Canada, dove Sony ha vinto dei casi di violazione del diritto d’autore contro persone che facevano uso di chip per consentire l’utilizzo di software d’importazione o pirata.
La situazione in Italia, invece, appare sostanzialmente diversa perche’ la nostra normativa sul diritto d’autore (che ha recepito del resto la normativa comunitaria) evidenzia maggiormente delle peculiarita’ che contrastano con la politica adottata dalla Sony.
Come e’ noto la legge 22 aprile 1941 n. 633 ricomprende nel suo ambito anche la tutela dei programmi per elaboratore elettronico, quali opere dell’ingegno e, di conseguenza, considerati creazioni intellettuali degli autori.
Va precisato che la tutela assicurata dal diritto d’autore riguarda esclusivamente la “forma” in cui e’ realizzata l’opera software, ma non l’idea e i contenuti che possono essere liberamente riutilizzati da altri produttori, purche’ ricorrano ad un’altra forma “espressiva” che non sia un semplice camuffamento dell’opera (precedente) tutelata in base alla sua anteriorita’ da provare specificamente.
Le norme prevedono per l’autore (o per il titolare dei diritti economici di sfruttamento) il diritto esclusivo della riproduzione “permanente o temporanea, parziale o totale”; quindi il programma non puo’ assolutamente essere riprodotto se non nei limiti specifici in cui l’autore lo ha previsto e consentito.

Ma v’e’ di piu’, in ottemperanza alla legge comunitaria 2001 e’ stato emanato il d.lgs 9 aprile 2003 n. 68 – attuativo della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella societa’ dell’informazione.
La normativa in questione ha modificato sostanzialmente vari aspetti del diritto sulla proprieta’ intellettuale disciplinato dalla legge n. 633/41 ed in particolare ha introdotto l’art. 102-quater che ha previsto la possibilita’ di utilizzare misure tecnologiche di protezione dell’opera quali dispositivi di accesso, procedimenti di protezione, cifratura, distorsione, o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o del materiale protetto ed ha introdotto nello stesso tempo l’art. 171-ter lett. f-bis che punisce chiunque fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalita’ o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’articolo 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalita’ di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure.

Ma e questo e’ l’aspetto fondamentale la nuova normativa, ponendo fine ad una querelle che durava da anni, prevede la legittimita’ della copia ad uso personale dei fonogrammi e dei videogrammi, purche’ senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali  e nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all’art 102-quater, destinate ad impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti (art. 71-sexies L. 633/41). Si tratta, se vogliamo, di una riproduzione della disposizione gia’ prevista per i programmi informatici (art. 64-ter) di fare una copia per uso privato, a condizione, pero’, che la stessa sia necessaria al legittimo utilizzatore del programma (si pensi all’ipotesi della c.d. copia di backup per scongiurare il pericolo di perderne il contenuto a seguito di cancellazione fortuita dello stesso programma).
Ebbene, tenuto conto di tali disposizioni, la modifica della consolle Sony non puo’ essere considerata illegittima in quanto essendo consentite nel nostro ordinamento le cd. copie di riserva queste ultime non potrebbero essere lette con i modelli playstation cosi’ come usciti dalla fabbrica.
A nulla vale sostenere la sostanziale diversita’ tra la playstation ed un computer poiche’ come indicato dal tribunale la stessa Sony di fronte alla comunita’ europea che voleva imporre le tasse doganali previste per le consoles (i computer sono invece esenti da dogana) e’ ricorsa alla Corte Europea sostenendo che la playstation e’ un computer; e la Corte Europea di Giustizia, in sede di appello, ha stabilito che effettivamente di computer si tratta (decisione del settembre 2003).
Ma l’organo giudicante non si limita a tali considerazioni e sostiene la legittimita’ dei chip incriminati anche e principalmente fondandosi sul fatto che la loro funzione primaria e prevalente non e’ affatto quella di consentire l’uso di copie pirata, ma bensi’ di superare ostacoli monopolistici e di utilizzare al meglio la playstation, in quanto il chip serve a leggere dischi di importazione e a leggere dischi prodotti da societa’ diverse da quella che ha prodotto la playstation (nel rispetto anche dei migliori principi di libera concorrenza).

Non del tutto condivisibili sono poi alcune considerazioni dell’organo giudicante, in particolare, quando sostiene che chi va in un negozio e acquista una scatola con dentro un programma  o una console acquista incondizionatamente e senza limitazioni perche’ in quel momento egli non conosce quanto sta scritto entro la scatola oppure che frasi del tipo “chi apre questa busta accetta le condizioni”, “chi vuole usare il programma  clicchi qui e accetti le condizioni” sono da considerarsi  inesistenti per l’utente del programma.

Sarebbe stato opportuno, a parere di chi scrive, essere piu’ precisi in merito, poiche’ esistono alcune tipologie contrattuali come il contratto di “licenza a strappo” in vigore specialmente negli Stati Uniti che sono contraddistinte proprio dal fatto che al momento dell’acquisto di un pacchetto software, si ha fisicamente davanti una confezione avvolta in un involucro di plastica trasparente, che dovrebbe dare la possibilita’ di leggere numerose condizioni contrattuali inerenti il bene che si sta per acquistare (D’ARRIGO). Con l’apertura della confezione sigillata contenente il programma ed il manuale esplicativo (“strappando” l’involucro) si ha l’accettazione dell’accordo di licenza, nei termini stampati al di sotto. Se non si vuole, invece, aderire e’ necessario non aprire la confezione, e restituirla con immediatezza al rivenditore o alla software house per un completo rimborso.
Ora considerando solo quanto previsto dall’art. 1341 1° co. del c.c. (le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell’altro se, al momento della conclusione del contratto, erano da lui conosciute o comunque conoscibili) come ha fatto il giudice, si potrebbe tranquillamente obiettare che il metodo adottato dai produttori di stampare le condizioni contrattuali all’esterno della confezione, evidenziate in modo da attirare l’attenzione dell’acquirente, renderebbe perfettamente valida una simile forma di acquisto.
Il vero problema e’ rappresentato da quanto previsto dal 2° comma dell’art. 1341 c.c. che notoriamente si occupa delle c.d. clausole vessatorie o onerose, le quali devono essere specificamente approvate per iscritto a pena di inefficacia assoluta. E’ per questo motivo che nel nostro ordinamento, come in quello europeo in generale, non possono essere accettate simile forme di acquisto.

Indubbiamente questa decisione del Tribunale di Bolzano non chiudera’ una vertenza giuridica che probabilmente vedra’ la sua fine solo per i nuovi dispositivi tecnologici previsti dalla Sony nel settore dei videogiochi e piu’ precisamente dei dischi ottici.
Ma mi sia consentita in questa sede un’osservazione per quanto amara: come e’ noto il valore del software, anche dal punto di vista giuridico, non sta nel supporto su cui e’ registrato, ma nel suo contenuto creativo-ideativo; il pericolo che corre il suo autore non e’ tanto quello che gli sia sottratto quel supporto, ma che quel contenuto (nella maggior parte dei casi frutto d’anni di lavoro) sia plagiato da altri (BORRUSO).
Ebbene con l’avvento di ultime disposizioni (tra cui il d.lgs. n. 68/2003) sembra che si voglia affidare la tutela del diritto d’autore piu’ ai metodi utilizzati dai produttori di software (che hanno fatto e continuano a fare ricorso a difese di carattere tecnico e commerciale, quali l’uso di “trappole” difensive di carattere elettronico, sistemi di protezione fisica del programma e l’adozione di particolari politiche di distribuzione) che al diritto (con la previsione di quelle cautele necessarie a garantire le energie intellettuali investite nell’attivita’ di programmazione contro le altrui illecite appropriazioni).

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