Regolamentazione e deregolamentazione dei diritti d’autore in rete
Il progresso tecnologico degli ultimi quindici anni ha prodotto il piu’ alto numero di innovazioni della storia dell’umanita’ nel piu’ breve lasso temporale. Nel frattempo il legislatore, invece di limitarsi alla definizione di poche regole generali, ha cercato di rincorrere il ritmo dell’innovazione opponendo una visione conservatrice e protezionista – sistematicamente proibizionista – alle possibilita’ offerte dalla creativita’ di ricercatori e programmatori. Negli ultimi anni la Rete, nata come spazio di liberta’, e’ divenuta molto spesso luogo dove il controllo si attua non solo attraverso le leggi che ne regolano l’accesso e l’utilizzo, ma anche attraverso i codici utilizzati per costruirne l’architettura.
Coloro che sostengono e promuovono lo sviluppo delle nuove tecnologie nei paesi in transizione verso un sistema democratico o in regimi illiberali, devono tenere presente che, sia nel primo che nel secondo caso, tanto piu’ lo “spazio virtuale” sara’ considerato libero ed aperto – libero alla critica ed allo scrutinio del pubblico, e aperto al contributo degli programmatori e disegnatori di software – tanto maggiore e sostanziale sara’ la portata di tale promozione.
L’atteggiamento “protezionista†di decine di paesi democratici, e’ il risultato da una parte delle pressioni di chi sostiene siano a rischio i diritti d’autore e di riproduzione, oppure la possibilita’ di brevettare invenzioni, e dall’altra di chi – come le grandi multinazionali dell’intrattenimento e del software – teme il danno economico della riduzione di parte dei profitti legati a modelli produttivi “tradizionali”.
Al di la’ dei timori di alcuni dei soggetti interessati, in parte giustificati dalla mancanza di un’adeguata circolazione di informazioni in merito alle possibilita’ di sviluppo di nuove tecniche di distribuzione di “prodotti†tradizionali, la possibilita’ di scambiare contenuti attraverso la Rete come la possibilita’ di scrittura “collettiva” di programmi, rappresentano novita’ da valorizzare e favorire.
La regolamentazione – o, piu’ spesso, la deregolamentazione – puo’ certamente comportare in termini di profitto dei sacrifici iniziali per alcuni, dal restringimento temporale della validita’ dei diritti d’autore alla non brevettabilita’ di funzioni dei programmi software, ma il sacrificio di oggi va iscritto in un processo di cambiamenti che interesseranno sempre piu’ le forme – e probabilmente anche i contenuti – della comunicazione umana e dello “stare insieme” di centinaia di milioni di persone. Gia’ oggi ci sono comunita’ che, in particolare su questioni relative alla Rete o al software, si sono evolute fino a divenire veri e propri gruppi di pressione politica.
Crea dunque crescente preoccupazione il fatto che l’affermarsi di innovazioni tecnologiche si scontri sistematicamente con la proibizione o la protezione ritenute uniche misure di governo possibile dei nuovi fenomeni. Le recenti decisioni legislative in decine di paesi di sottoporre a un rigido regime penale lo scambio di file secondo il sistema cosiddetto “Peer to Peer†(P2P) si iscrivono in questa linea di “mal-governo†della Rete che ha ripercussioni negative, se non drammatiche, anche sul mondo degli sviluppatori di software.
E’ per tutta questa serie di considerazioni che mi sono mosso, anche attraverso un’azione di disobbedienza civile nonviolenta, dapprima per contrastare l’approvazione del Decreto Urbani e poi, attraverso il deposito di una denuncia presso le autorita’ inquirenti, per dimostrare l’impossibilita’ di applicazione del conseguente testo legislativo approvato dal Parlamento italiano.
Sia nel primo sia nel secondo caso le mie azioni sono state volte non a contestare il diritto d’autore in quanto tale (diritto che puo’ sopravvivere soltanto se applicato in forme adeguate alle nuove tecnologie), ma la generalizzata criminalizzazione di un comportamento tanto diffuso quale lo scaricamento di materiale digitale in Rete. Criminalizzazione che non servira’ all’industria per recuperare il ritardo accumulato nell’adeguamento del proprio modello di business e rischia, invece, di pregiudicare lo sviluppo di una Rete libera e aperta, in particolare relativamente alla diffusione di contenuti autoprodotti e d’opere distribuite con il consenso dell’autore.
La pirateria informatica non si combatte condannando gli utenti della Rete al carcere o mettendo un poliziotto davanti ad ogni computer, ma attraverso una revisione del concetto di diritto d’autore e di proprieta’ digitale. Il decreto Urbani rappresenta, infatti, un tentativo maldestro e pericoloso di coprire con la repressione il ritardo accumulato dalle imprese cinematografiche nel mettere a disposizione in forma legale i contenuti digitali.
D’altra parte, l’assurdita’ di questa legge l’abbiamo denunciata ulteriormente scoprendo che persino il sito del Ministero diretto da Urbani non e’ a norma di legge. Grazie alla collaborazione di Fabrizio Veutro, avvocato esperto in materia informatica, ed Emmanuele Somma, Direttore di Linux Magazine, ho quindi depositato un esposto alla Polizia amministrativa e postale nei confronti degli autori e responsabili del sito web del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, per violazione del comma 1 dell’art. 1 del Decreto Urbani.
Questo primo comma impone infatti che l’immissione in un sistema di reti telematiche di un’opera dell’ingegno, o parte di essa, sia corredata da un “idoneo avviso†circa l’avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d’autore e sui diritti connessi. L’avviso dev’essere di adeguata visibilita’ e deve contenere l’indicazione delle sanzioni previste, per le specifiche violazioni, dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni. In attesa che le modalita’ tecniche e i soggetti obbligati siano definiti con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’avviso deve avere comunque caratteristiche tali da consentirne l’immediata visualizzazione.
Nel sito del Ministero per i Beni e le Attivita’ Culturali, tuttavia, questo avviso non c’e’, ne’ per ogni opera singolarmente pubblicata, ne’ per la pagina web in generale. In particolare l’avviso brilla per la sua assenza proprio con riguardo a un’opera audiovisiva, e cioe’ un filmato sonoro chiamato “magazine TV del Quotidiano Culturalweb.itâ€, immesso in rete attraverso l’home page del sito del Ministero.
Questa palese violazione del 1° comma dell’art. 1 del Decreto Urbani, ai sensi del 7° comma dell’art. 1 del Decreto stesso, comporta le sanzioni previste dall’articolo 21 del Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70, e quindi il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 10.000 euro.
Naturalmente, il sito del Ministero non e’ il solo a trovarsi nella descritta situazione di illegalita’. Possiamo dire che oggi tutti i responsabili di un sito web potrebbero rischiare la grave sanzione di cui sopra. Da qui l’idea dell’esposto conto il sito del Ministro che ha voluto la legge, per svelarne provocatoriamente il grave difetto d’impostazione.
Voglio poi ricordare che del Ministro per l’Innovazione, con un comunicato stampa del 30.5.2004, ha annunciato che il Decreto Urbani sara’ modificato da un successivo disegno di legge, affinche’ le pene attualmente previste per chi duplica e diffonde, anche in Rete, copie pirata di film e musica “per trarne profitto†siano invece applicate solo a chi lo fa “a fine di lucroâ€.
Questo comunicato, che e’ servito a placare in parte le principali proteste contro il Decreto Urbani, non menziona pero’ alcuna volonta’ di modifica del primo comma dell’art. 1 del testo di legge, su cui si e’ basato il mio esposto, limitandosi a dire sul punto che sara’ istituita “una Commissione per la ridefinizione delle modalita’ di tutela del diritto di autore concernente la diffusione delle opere dell’ingegno per via telematicaâ€.
Questo primo comma, invece, dev’essere totalmente abrogato, perche’ e’ gravemente lesivo della liberta’ di comunicazione in rete, ponendo vincoli alla manifestazione del pensiero in rete ogni qualvolta questa si esplichi mediante la pubblicazione di scritti, fotografie, filmati o altre opere dell’ingegno, e ponendosi percio’ in evidente contrasto con l’art. 21 della nostra Costituzione.
Questo “idoneo avvisoâ€, o bollino blu, inoltre, puo’ rappresentare un grave onere ed ostacolo all’attivita’ creativa ed economica degli autori e distributori di Software Libero o piu’ in generale di opere distribuite con licenze libere, perche’ questi non vogliono affatto limitare o controllare la duplicazione e la circolazione delle loro opere, ma desiderano anzi che esse abbiano la diffusione piu’ ampia possibile, anche mediante i canali del file-sharing, sia pure alle precise condizioni delle relative licenze d’uso.
Da questo punto di vista il problema della legge Urbani, cosi’ come di altre recenti e sempre piu’ miopi leggi in materia, e’ quello di muovere dall’erroneo presupposto che la copia di un opera dell’ingegno sia sempre illecita, dimenticando che il diritto di copia e’ diritto di cui l’autore puo’ liberamente disporre e che, se vuole, puo’ anche voler concedere agli utenti.
Leggi di tal fatta, quindi, nel tentativo spesso infruttuoso di tutelare i canali distributivi tradizionali, mortificano e ostacolano quello che e’ forse l’aspetto piu’ innovativo della rete, e’ cioe’ la possibilita’ per l’autore di opere dell’ingegno, dell’autore di software cosi’ come dell’artista musicale, di porsi in contatto diretto con il pubblico degli utenti, liberamente gestendo, regolamentando e commerciando con il pubblico stesso, senza intermediari, i diritti esclusivi che la legge sul diritto d’autore gli attribuisce.
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