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Brevetti, varato il Codice della proprieta’ industriale. Primo commento

30 Gennaio 2005 Commenta

Il Consiglio dei Ministri nella riunione n. 186 del 23 dicembre 2004 ha approvato, su proposta del Ministro delle Attivita’ Produttive on. Marzano, il decreto legislativo recante il Codice della proprieta’ industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273.

Si tratta di una iniziativa legislativa tra le piu’ rilevanti finora varate dal Governo nel settore delle codificazioni, sia per la materia trattata, sia per l’estensione degli interventi. Il Codice provvede ad un razionale riassetto della disciplina della proprieta’ industriale, alla semplificazione normativa ed al coordinamento delle fonti nazionali e comunitarie, nonche’ all’ampliamento della tutela riservata alla proprieta’ industriale, alla ridefinizione delle competenze dell’Ufficio italiano brevetti e marchi ed in particolare alla tutela delle invenzioni realizzate dai ricercatori delle Universita’ e degli enti pubblici di ricerca.
Il nuovo Codice, composto da 246 articoli, si occupa di brevetti per invenzione, modelli di utilita’, disegni e modelli, nuove varieta’ vegetali, topografie dei prodotti a semiconduttori, delle informazioni aziendali riservate, dei marchi e degli altri segni distintivi, mentre contiene solo un accenno alla materia delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine, la cui complessita’ necessita di una normativa ad hoc.
In particolare il Codice e’ articolato in 8 parti (libri) dedicate rispettivamente a:
1. le disposizioni generali, nelle quali sono enunciati principi fondamentali, quali l’ambito di applicazione della normativa, gli obiettivi della stessa, la disciplina applicabile agli stranieri e le disposizioni in tema di priorita’, comunione ed esaurimento dei diritti;
2. le norme sostanziali, relative a ciascun titolo di proprieta’ industriale, suddivise in apposite sezioni concernenti rispettivamente: marchi, indicazioni geografiche, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilita’, topografie di prodotti a semiconduttori, informazioni segrete e nuove varieta’ vegetali. Nell’ambito delle singole sezioni, ferme restando le naturali differenze sostanziali e le norme proprie, la disciplina e’ articolata prevedendo, preliminarmente, l’oggetto del diritto di proprieta’ industriale, i requisiti per ottenerlo e le eccezioni agli stessi, gli effetti della tutela, la sua durata, i diritti e gli oneri ad essa connessi, le limitazioni a tali diritti, le cause di decadenza e di nullita’;
3. la disciplina per la tutela giurisdizionale, che reca, in maniera unitaria, le norme riprodotte nelle singole leggi speciali. Tra le novita’ si sottolinea il riferimento alle sezioni specializzate dei tribunali, previste dall’articolo 16 della legge 273/2002 ed istituite con il decreto legislativo 168/2003, l’introduzione del rito abbreviato del nuovo diritto societario, le disposizioni integrative della Commissione dei ricorsi, conseguenti all’applicazione della procedura di opposizione alla registrazione dei marchi di cui al decreto legislativo 447/99, la introduzione delle norme sulla pirateria contenute nella legge finanziaria 2004;

4. le condizioni per l’acquisizione ed il mantenimento in vita dei titoli e le relative procedure, tra cui quella relativa alla opposizione alla registrazione dei marchi sopra citata. In tale ambito si notera’ che il ricorso alla delegificazione non ha avuto dimensioni rilevanti e cio’ in quanto e’ stato giustamente salvaguardato il ruolo determinante delle procedure amministrative per l’esercizio ed il mantenimento in vita dei diritti brevettuali.
5. le procedure speciali, quali quelle relative all’espropriazione, al sequestro, alla segretazione militare, alle licenze obbligatorie e a quelle volontarie sui principi attivi farmaceutici, nonche’ alla Commissione dei Ricorsi;
6. l’ordinamento professionale, per il quale vengono riprese le disposizioni esistenti, contenute in provvedimenti di vario rango;
7. la gestione dei servizi da parte dell’ufficio italiano brevetti e marchi;
8. le disposizioni transitorie comprensive delle norme abrogate.

Ancora prima di segnalare le novita’ del Codice appare opportuno illustrare brevemente l’attuale situazione italiana in materia brevettuale. Si ricorda, infatti, che dal 1° Settembre 2000, sono stati trasferiti alle Camere di Commercio i compiti in materia brevettuale che erano propri degli ex Uffici Provinciali dell’Industria, Commercio ed Artigianato. In ogni Camera di commercio e’ istituito un Servizio marchi e brevetti che riceve le domande di registrazione per marchi e brevetti italiani.
Le Camere di Commercio ricevendo questa nuova competenza hanno cercato di interpretare in senso ampio le esigenze del sistema Italia e in particolare quelle delle imprese, definendo uno specifico programma di supporto alla brevettazione. L’Italia infatti si trova in una situazione di debolezza rispetto ai principali paesi europei che, come dimostrano i dati diffusi dall’EPO, utilizzano il sistema di brevettazione europeo.
E’ risultata chiara, anche in considerazione di specifiche sperimentazioni di punta condotte dalle  CCIAA e dalle loro Aziende speciali, la necessita’ di basare tali azioni di supporto, sul Brevetto europeo (EPO European patent office, soggetto sovracomunitario al quale aderiscono 29 paesi europei, inclusa la Svizzera e l’Islanda). Il brevetto europeo infatti, e’ lo strumento minimo di protezione dell’invenzione per i soggetti che hanno come riferimento un mercato almeno sovranazionale e quindi rappresenta la modalita’ piu’ corretta da diffondere verso le imprese esportatrici.
Il brevetto europeo e’ inoltre  il riferimento indispensabile per le ricerche che le imprese conducono prima di affrontare investimenti per innovazioni. L’EPO, assicurando una comoda e aggiornata consultabilita’ (anche attraverso internet)  permette di orientare i programmi di ricerca e anche il monitoraggio della concorrenza.
All’interno degli Enti camerali e’ stata costituita una Rete di Centri di informazione brevettuale, cioe’ una rete di sportelli locali con la finalita’ di informare, consigliare e assistere le imprese sul sistema della tutela della proprieta’ industriale, sui documenti di brevetto e di marchio. Attraverso i Centri l’utente puo’ accedere ad un’informazione completa su marchi e brevetti sia per la documentazione italiana che per quella europea e internazionale.

Il Sistema Camerale dispone ad oggi di gran parte dei centri di informazione sui brevetti PATent LIBrary (PATLIB), centri di informazione brevettuale ufficialmente riconosciuti dagli Uffici Brevetti Nazionali, e membri dell’Ufficio Europeo dei Brevetti, e di Patent Information Point (PIP). Attualmente nell’ambito del Sistema Camerale sono attivi 37 centri informativi (14 PatLib e 23 PIP).
In totale in Italia ci sono 20 Patlib – di cui solo 6 sono collocati al di fuori del  sistema camerale – e 35 Pip – di cui solo  12 fuori dal sistema.  Altri 14 centri – 2 PatLib e 12 PIP sono in corso di riconoscimento.
Venendo adesso all’illustrazione del nuovo Codice, tra le novita’ di maggior rilievo particolarmente interessate e’ quanto disposto in materia di invenzioni dei dipendenti dove il Codice sembra orientato a riconfermare l’impostazione della normativa ad hoc per le invenzioni realizzate dai ricercatori delle Universita’ e degli enti pubblici di ricerca introdotta con la Legge 18 ottobre 2001 n. 383. Rispetto alla normativa vigente, infatti, l’art. 65 del Codice e’ stato integrato solamente con una disposizione finale che sottrae all’ambito di applicazione delle norme vigenti le ricerche finanziate in tutto o in parte da soggetti privati, ovvero realizzate nell’ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall’universita’, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore.
In effetti non puo’ che condividersi la scelta di intervenire direttamente sul tema della proprieta’ dell’invenzione, con gli articoli 64 e 65 e di modificare la precedente normativa generale che aveva sostanzialmente provocato una stasi e comunque un mancato sviluppo della produzione brevettuale da parte degli enti pubblici di ricerca.
L’articolo 65 rappresenta un passo avanti che va nella direzione attuata negli Stati Uniti con la legge Bayh Dole, anche se l’attribuzione della titolarita’ del brevetto al ricercatore con un sistema incentivante cosi’ consistente forse e’ troppo sbilanciata e costituisce un segnale di sfiducia nei confronti della capacita’ delle Universita’ e dei centri di ricerca  di valorizzare le invenzioni.

Sarebbe stato forse opportuno accogliere i suggerimenti delle Camere di Commercio ed attribuire alle universita’ e centri di ricerca un ruolo primario assegnando loro una parte attiva nell’attivita’ di brevettazione.
Si ricorda che circa 55 Camere di Commercio hanno presentato un progetto sul Fondo di Perequazione dell’Unioncamere per il 2003 (che sara’ attuato quest’anno) che prevede, tra l’altro, l’attivazione di funzioni di Technology Transfer and Licensing Management all’interno degli Enti Pubblici di Ricerca. Obiettivo di questi progetti e’ quello di favorire, come Sistema Camerale, un rapporto privilegiato, tra le imprese e gli EPR del territorio attraverso la Camera di commercio, nella convinzione che sia utile stimolare un loro maggiore impegno verso il territorio, guardando quindi ad una prospettiva anche di lungo termine.
Sarebbe, difatti, utile che il legislatore prevedesse premialita’ per gli EPR in relazione ai risultati pianificati e raggiunti.

Una tale modalita’ toglierebbe al legislatore l’imbarazzo della scelta sulla definizione delle quote spettanti al ricercatore e all’EPR dei benefici economici dell’invenzione, ma soprattutto avvierebbe una sana competizione tra gli EPR anche in relazione alla loro capacita’ di integrarsi e quindi rispondere alle esigenze del mondo economico.
Altra novita’ degna di rilievo e’ stata introdotta nella disciplina delle sanzioni civili inerenti il risarcimento del danno da contraffazione: all’art. 125 del Codice si prevede che, ai fini del risarcimento del danno patito dal titolare del diritto contraffatto, il lucro cessante possa essere valutato dal giudice anche tenuto conto degli utili realizzati dal contraffattore in violazione del diritto.
La norma, in effetti, rinvia, quanto alla determinazione del danno, agli artt. 1223, 1226 e 1227 cod. civ. Secondo la Relazione illustrativa al decreto, la norma intende colmare una lacuna dell’ordinamento attuale. Essa, tuttavia, non tiene conto del fatto che, nella prassi applicativa, i giudici tendono ad identificare il danno da violazione di diritti di proprieta’ industriale con il solo lucro cessante, mentre non viene normalmente calcolato il danno emergente, che invece spesso costituisce una parte consistente del danno subito dal titolare di diritti di proprieta’ intellettuale (si pensi, ad esempio, ai costi sostenuti per la tutela). Una visione piu’ ampia del lucro cessante come prospettata dall’art. 125 non rende comunque giustizia  circa l’effettivo danno subito dal titolare.

Ma il nuovo codice interviene decisamente in un’altra materia molto delicata e cioe’ quella dei nomi di dominio assicurando agli stessi una tutela non solo sostanziale ma anche formale, in quanto per la prima volta (come e’ noto la precedente normativa italiana sui marchi registrati e cioe’ il R.D. 21 giugno 1942 n. 929, non tutelava espressamente il marchio registrato da utilizzazioni di terzi come nome a dominio, affermando il piu’ generale principio del diritto all’uso esclusivo da parte del titolare e del diritto di vietare ai terzi di usare un segno identico o simile) viene equiparato a livello legislativo il nome a dominio agli altri segni distintivi, prevedendo, all’articolo 22 (Unitarieta’ dei segni distintivi) che: 1. E’ vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale un segno uguale o simile all’altrui marchio se, a causa dell’identita’ o dell’affinita’ tra l’attivita’ di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio e’ adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che puo’ consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni. 2. Il divieto di cui al comma 1 si estende all’adozione come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio aziendale di un segno uguale o simile ad un marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, che goda nello Stato di rinomanza se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.

Una volta, quindi, accertato che il marchio registrato debba essere tutelato anche su Internet, puo’, quindi, presentarsi il caso in cui un soggetto registri presso la autorita’ competente un nome a dominio che corrisponda in tutto o in parte ad un marchio registrato il cui diritto di utilizzo e’ di esclusiva spettanza di un terzo. In questi casi, gli strumenti adottabili da parte del titolare del marchio registrato che ritiene che l’utilizzo del proprio marchio come nome a dominio altrui possa configurare una attivita’ illecita, sono proprio quelli forniti dalla normativa in tema di marchi e dalla disciplina sulla concorrenza sleale.
La giurisprudenza italiana e straniera chiamata a giudicare sui numerosi casi emersi, ha affermato piu’ volte il principio della equiparazione di Internet al mondo tangibile, sancendo, nel contempo, che l’uso di un domain name sulla rete che riproduca un marchio registrato da un terzo, integri la fattispecie della contraffazione del marchio in quanto comporta l’immediato vantaggio di ricollegare l’attivita’ a quella del titolare del marchio, sfruttando la notorieta’ del segno e traendone indebito vantaggio. E, pertanto, gia’ sulla scorta di tale principio sancito a livello giurisprudenziale, solamente il titolare di un marchio registrato ha il diritto esclusivo di servirsene nella comunicazione di impresa e quindi anche in Internet o all’interno di un sito, o, come domain name (Sammarco).
Adesso e’ lo stesso art. 133 del Codice che prevede la possibilita’ per l’Autorita’ giudiziaria di disporre, in via cautelare, oltre all’inibitoria dell’uso del nome a dominio aziendale illegittimamente registrato, anche il suo trasferimento provvisorio, subordinandolo eventualmente anche alla prestazione di idonea cauzione da parte del beneficiario del provvedimento.

Il Codice in argomento riesce molto bene nell’intento di rendere piu’ efficace ed efficiente la tutela dei diritti di proprieta’ industriale in quanto e’ possibile perseguire tale obiettivo proprio tramite una razionalizzazione delle disposizioni esistenti, nonche’ una revisione evolutiva del complesso normativo che consenta di tener conto delle nuove esigenze e delle problematiche emergenti con il progresso tecnologico.
Tuttavia, proprio dal punto di vista del raggruppamento normativo, il Codice non assicura un adeguato coordinamento rispetto ad altri settori, sicuramente contigui, quali ad esempio, la tutela d’autore su creazioni dal contenuto tecnologico.
Il Codice, infatti, si applica a tutti i diritti di proprieta’ industriale: marchi ed indicazioni geografiche, brevetti, disegni e modelli, topografie dei prodotti a semiconduttori, varieta’ vegetali e segreti industriali, ma non invece al diritto d’autore.
L’impostazione tradizionale, che vedeva l’innovazione tecnologica protetta attraverso i titoli di proprieta’ industriale e le opere d’arte tutelate dal diritto d’autore, e’ ormai in parte superata alla luce dell’avvenuta estensione del copyright ad opere dell’ingegno a contenuto tecnologico (software, banche dati, disegno industriale). In particolare, su alcune di queste opere, ad esempio software e disegni, possono coesistere la tutela brevettuale e quella d’autore. Basti pensare alla recente apertura del Parlamento europeo alla brevettabilita’ delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici con l’obiettivo di garantire che i brevetti vengano concessi sulla stessa base in tutta l’Unione Europea.

Per il momento le invenzioni oggetto della nuova normativa riguardano dispositivi come i telefoni cellulari, gli elettrodomestici intelligenti, i dispositivi di comando dei motori, le macchine utensili, ma ovviamente non si esclude, per il futuro, un raggio di applicazione molto piu’ ampio. E’ proprio questa circostanza che richiede un adeguato coordinamento tra i due corpi normativi.
Sempre in tema di rapporti fra diritto d’autore e brevetti particolarmente interessante e’ anche la difformita’, rispetto alla legislazione comunitaria, che continua ad esistere, anche con l’avvento del Codice, in merito ad alcuni aspetti attinenti la tutela delle opere del design attraverso le norme del diritto d’autore.
Il Codice, infatti, recependo una disposizione della legge n. 273/2002, prevede un termine di durata della protezione d’autore inferiore a quello settantennale stabilito, per tutte le opere d’arte, dalla Direttiva n. 93/98/CE, concernente l’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi.
L’ordinamento italiano ha recepito la Direttiva 93/98 agli artt. 25 ss della Legge n. 633/41 sul diritto d’autore. In particolare, l’art. 25 prevede la regola generale secondo la quale i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la morte. Tale regola ricomprende anche categorie di creazioni- quali le opere cinematografiche e fotografiche – che in passato godevano di una protezione piu’ breve.
Una deroga del termine di protezione e’ prevista solo per alcune, e specifiche, fattispecie (si tratta di opere con soggettivita’ speciale, quali opere anonime o pseudonime e opere collettive, ecc per le quali la deroga alla durata della protezione non riguarda il termine bensi’ il momento dal quale tale protezione decorre; opere create e pubblicate sotto il nome ed a conto e spese delle Amministrazioni e degli enti territoriali dello Stato, per le quali la deroga concerne la durata, prevista in 20 anni; diritti patrimoniali del produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive, previsto in 50 anni; diritti relativi all’emissione radiofonica e televisiva, previsti in 50 anni; diritti esclusivi di utilizzazione economica relativi ad opere pubblicate o comunicate al pubblico per la prima volta successivamente all’estinzione dei diritti patrimoniali d’autore, ecc).

Le opere dell’industrial design, quando presentano di per se’ carattere creativo e valore artistico, rientrano a tutti gli effetti tra le opere dell’ingegno di carattere creativo protette dalla legge d’autore, come previsto dall’art. 2, comma 10, legge n. 633/41.
Tale comma e’ stato inserito a seguito del recepimento della Direttiva 98/71/CE che, all’art. 17, abolisce il divieto di cumulo della tutela brevettuale e del diritto d’autore per le opere dell’industrial design e prevede che tali opere siano ammesse a beneficiare della protezione della legge sul diritto d’autore vigente nello Stato, il quale determina l’estensione della protezione e le condizioni alle quali la protezione e’ concessa, compreso il grado di originalita’.

Giova in questa sede ricordare il considerando n. 8 della Direttiva 98/71, nel quale si afferma che “in mancanza di un’armonizzazione della normativa sul diritto d’autore, e’ importante stabilire il principio della cumulabilita’ della protezione offerta dalla normativa specifica sui disegni e modelli registrati con quella offerta dal diritto d’autore”.
La tesi del Consiglio di Stato, secondo la quale l’art. 17 della Direttiva 98/71 lascia gli Stati liberi di prevedere, tra i limiti e le condizioni alla protezione del diritti d’autore, anche la durata della protezione stessa non sembra, pertanto, condivisibile, posto anche che l’armonizzazione e’ intervenuta, con riferimento ai termini di durata, con la citata Direttiva 93/98/CE, che l’ordinamento italiano ha prontamente recepito.

Nel complesso, comunque, il nuovo Codice, pur non modificando, se non nella misura strettamente necessaria, le singole disposizioni che compongono l’attuale legislazione, ricostruisce un quadro nuovo e completo dei diritti di proprieta’ industriale e d’altro canto la codificazione in un unico testo normativo delle disposizioni contenute in piu’ provvedimenti deve sempre essere salutata con favore nella misura in cui arreca vantaggi in termini di maggiore certezza del diritto e facilita’ di comprensione ed applicazione delle norme.
Purtroppo questo intento non sempre riesce al legislatore.

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