Foggia: decreto ingiuntivo basato sulla semplice produzione di e-mail
Questa volta ad ottenere dal Tribunale di Foggia con provvedimento depositato dagli avvocati Celentano in cancelleria in data 17/5/2005 il decreto ingiuntivo di complessivi euro 3.600, oltre interessi e spese processuali, basato sulla produzione di semplici e-mail e’ stato questo sito.
Il provvedimento giudiziale basato soltanto sullo scambio di una serie di e-mail tra l’editore e il suo debitore, sulla base di un contratto pubblicitario conclusosi anch’esso attraverso lo scambio di semplici e-mail, sara’ pubblicato nella sua interezza sulla Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, Milano, Nyberg Editore, diretta dall’Avv. Andrea Lisi.
E’ possibile considerare le e-mail documenti utili per l’ottenimento di un provvedimento giudiziale? Come mai la produzione di questi documenti e’ tanto osteggiata da alcuna dottrina, mentre i giudici continuano ad accettare questi documenti nelle aule di giustizia?
A. LISI: A mio avviso, non c’e’ alcun dubbio che, dal punto di vista formale e strettamente giuridico, l’email contenente una “rappresentazione di fatti giuridicamente rilevanti” debba essere accettata in giudizio quale documento informatico, e questo gia’ da molto tempo (e, cioe’, dal 1997, quando era gia’ la Legge Bassanini n. 59 a prevederlo nel II del suo art. 15).
Oggi, il T.U. di cui al DPR n. 445/2000 (cosi’ come modificato dal D.L. 23.01.2002 n. 10, dalla legge 16.01.2003 n. 3 e dal DPR 07.04.2003 n. 137) all’art. 1, primo comma, lett. b) definisce il documento informatico come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevantiâ€: l’email quindi, con il suo contenuto, rappresenta senza dubbio un documento informatico.
Il successivo art. 8 stabilisce la piena validita’ giuridica di tale documento, disponendo che “il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”.
Peraltro, la maggior parte della dottrina e soprattutto la giurisprudenza dei Giudici di merito ha costantemente ritenuto pienamente valido il documento informatico racchiuso in una email, quale documento scritto idoneo ai fini dell’emissione di decreto ingiuntivo (v. decr. ing. dei Tribunali di Roma, Cuneo, Bari, Lucca, Mondovi’, Pesaro, ecc.)
In questo senso si e’ espresso anche il Consiglio di Stato in un suo recente parere critico sul Codice della Pubblica Amministrazione Digitale (parere 11995/05 reso nell’Adunanza del 7 febbraio scorso), laddove aveva giustamente osservato che occorre garantire “il valore dell’atto adottato con scrittura telematica anche ove non sia munito di sottoscrizione, laddove sia conosciuto l’autore per la provenienza dal suo indirizzo elettronico, ovvero ove sia sottoscritto con firma elettronica c.d. debole.”
Ma come mai alcuni continuano ad osteggiare questo tipo di interpretazione? Ed e’ vero che con il Codice della Pubblica Amministrazione Digitale cambieranno un bel po’ di cose?
A. LISI: In verita’, la giusta equiparazione formale tra e-mail (telegrammi, telex, telefax) e atto scritto viene da lontano e, cioe’, dai principi del commercio internazionale (Convenzione di Roma del 1980, Principi Unidroit, Principi dei contratti europei) ed il Codice della Pubblica Amministrazione non cambiera’ nulla.
Almeno sin o a quando al suo interno conterra’, direttamente o indirettamente, una corretta parificazione tra e-mail e telefax, accreditando una possibile interpretazione evolutiva dell’art. 2705 del nostro codice civile.
In poche parole: Una e-mail e’ un documento informatico? Si’. Puo’ essere parificato tale documento ad un telefax o ad un telex quanto ad efficacia giuridica (anche in considerazione di una possibile interpretazione evolutiva dell’art. 2705 c.c.)? Si’. E’ l’e-mail un documento informatico, o meglio una scrittura telematica, il cui autore sia in qualche modo riconoscibile (parafrasando anche le ultime, utili considerazioni del Consiglio di Stato)? Si’.
E allora non ci deve essere piu’ alcun dubbio che a questi documenti informatici si debba riconoscere efficacia formale e bene sta facendo la giurisprudenza a ribadirlo in molte recenti pronunce.
Chi sostiene il contrario confonde gli aspetti formali e giuridici con quelli legati alla sicurezza e alla prova. Noi giuristi dobbiamo ricordarci sempre (come ben si ricordano di fare i giudici) che siamo prima di tutto interpreti della legge non ingegneri informatici a caccia dei meccanismi tecnologici piu’ complessi per arrivare alla sicurezza assoluta nella trasmizzione dei messaggi infiormatici.
Quindi e’ chiaro che la posta elettronica semplice contenente una manifestazione di volonta’ costituisce un documento scritto poco sicuro, modificabile e falsificabile (come molti altri documenti scritti accettati in qualsiasi giudizio), ma non per questo motivo essa non puo’ essere accettata come documento scritto! Cosi’ come e’ altrettanto chiaro che un documento informatico con firma digitale trasmesso con un sistema di posta elettronica certificata ha un valore probatorio completamente diverso ed e’ certo che sara’ molto difficile disconoscerlo in giudizio.
Non si puo’ continuare a confondere l’ambito formale e strettamente giuridico (che dovrebbe portarci a far prescindere il valore formale di un atto documentato informaticamente dal suo livello di “sicurezza probatoria”) da quello “ingegneristico” che troppo spesso anima lo spirito di certe “rivoluzioni” normative dell’ultimo periodo. Siamo giuristi e non dobbiamo dimenticarcelo.
E non l’ha dimenticato il giudice Dr. F. Cassano del Tribunale di Bari quando afferma nella sua ordinanza del 2 giugno 2005:
Allo stato, ed in generale, l’e-mail deve essere considerata un documento informatico che soddisfa il requisito della “forma scritta†ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 10/2002 (cfr. Trib. Cuneo, 15 dicembre 2003, n. 848, in www.dirittoegiustizia.it; Trib. Bari, 19 dicembre 2003-20 gennaio 2004, n. 89, in www.dirittoegiustizia.it). Cio’ in quanto si tratta di documento provvisto di firma elettronica leggera, o “debole”, cioe’ di un insieme di dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica (art. 2, lett. a, d.lgs. 10/2002).
Ciononostante, in quanto non assistita da firma digitale o da altra firma sicura, l’e-mail non garantisce l’immodificabilita’ e l’integrita’ del documento, ne’ la sicura provenienza del documento dal soggetto che appare esserne l’autore, e neppure garantisce la volontarieta’ della circolazione, posto che il meccanismo informatico allo stato non assicura, sul piano tecnico, la riferibilita’ della circolazione del documento all’autore dell’e-mail.
A mio avviso, i giudici e i giuristi – tralasciando la spinosa questione, piu’ tecnica che giuridica, sulla effettiva sussistenza di un procedimento di autenticazione informatica prima dell’inoltro di una e-mail e, quindi, circa l’effettiva presenza in una e-mail di una forma “embrionale” di firma elettronica – dovrebbero andare oltre con la loro interpretazione, avvicinandosi alla sostanza e alla concretezza del caso singolo e soprattutto ricordandosi bene quale e’ il compito dell’interprete del diritto nell’analisi del caso concreto.
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