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Prezzi Pazzi Per I Nomi Di Dominio

2 Dicembre 2002 Commenta

PARIGI. Recentemente il sito francese di Le Journal du Net(http://www.journaldunet.com/cc/03_internetmonde/intermonde_domaines.shtml)ha pubblicato dei dati statistici davvero interessanti relativi allefrequenti transazioni commerciali che hanno per oggetto i nomi di dominio.Da tali dati si evince ad esempio che per arrivare ad accaparrarsi un sitodel calibro di business.com, dal novembre 1999 sono stati spesi 7,50 milionidi dollari dovuti ai vari passaggi di proprieta’. Seguono, a ruota, dominicome AltaVista.com, per un totale di 3,25 milioni, e nel decalogo dei piu’contrattati arrivano subito dopo loans, wines, autos, express, wallstreet,eflowers, forsalebyowner, drugs, tutti tassativamente .com.Oltre alle transazioni, il sito mostra interessanti dati relativi allecontroversie che coinvolgono i nomi di dominio. Secondo tali statistiche laclassifica internazionale sarebbe guidata dagli oltre 300 casi aperti negliStati Uniti, mentre in Italia sono 24 dall’inizio del 2002. I nomi didominio registrati, a luglio di quest’anno avevano raggiunto quota 30milioni circa e, tra questi, i suffissi .com erano oltre 21 mila. La quotadi siti registrati da residenti in Italia, privati, aziende e pubblici, e’pari a 530 mila (dati del marzo 2002 di NetNames).Con l’avvento del commercio elettronico, la materia dei nomi di dominio haassunto una rilevanza predominante in tutti i suoi aspetti siaamministrativi che giudiziari. La corsa ai nomi piu’ noti gia’ avviata intempi non sospetti, oggi come oggi ha assunto aspetti preoccupanti e cio’perche’ continua ad aver valore quel criterio base per la registrazione deinomi di dominio che e’ meramente cronologico cioe’ il first come, firstserved vale a dire che il nome di dominio e’ assegnato, indipendentementedal marchio, a chiunque lo richieda per primo, senza quindi fare alcunaindagine sulla legittimita’ o meno della richiesta. In tal modo puo’verificarsi la paradossale situazione che un’ azienda leader in undeterminato settore non possa utilizzare il proprio marchio su Internet, inquanto l’equivalente nome di dominio risulta gia’ registrato da terzi.Situazioni del genere si sono verificate diverse volte negli Stati Uniti edormai anche in Italia costringendo i titolari del marchio a notevoli esborsidi denaro.Indubbiamente il criterio poteva trovare il suo fondamento nel fatto che ilnome a dominio per quanto sia configurabile come un segno distintivo(nonostante un parte minoritaria della giurisprudenza sia contraria v. Trib.Firenze 29 giugno 2000) non puo’ e non deve essere confuso con il marchio.Difatti l’equiparazione al marchio, non e’ sostenibile in quanto diversisono i presupposti per la registrazione e diversa e’ anche la natura deidiritti che su di essi incidono (i domain names sono solo assegnati in uso).Ma ormai con lo sviluppo dell’e-commerce e quindi con la particolarerilevanza anche economica che puo’ assumere un nome di dominio, l’identificazione con il marchio ormai e’ una realta’ (deprecabile, ma lo e’),e gia’ la giurisprudenza ha piu’ volte confermato quest’orientamento (v.Trib. Genova 13 ottobre 1999; Trib. Napoli 26 febbraio 2002).

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Prezzi pazzi per i nomi di dominio

2 Dicembre 2002 Commenta

Recentemente il sito francese di Le Journal du Net ha pubblicato dei dati statistici davvero interessanti relativi alle frequenti transazioni commerciali che hanno per oggetto i nomi di dominio. Da tali dati si evince ad esempio che per arrivare ad accaparrarsi un sito del calibro di business.com, dal novembre 1999 sono stati spesi 7,50 milioni di dollari dovuti ai vari passaggi di proprieta’. Seguono, a ruota, domini come AltaVista.com, per un totale di 3,25 milioni, e nel decalogo dei piu’ contrattati arrivano subito dopo loans, wines, autos, express, wallstreet, eflowers, forsalebyowner, drugs, tutti tassativamente .com.
Oltre alle transazioni, il sito mostra interessanti dati relativi alle controversie che coinvolgono i nomi di dominio. Secondo tali statistiche la classifica internazionale sarebbe guidata dagli oltre 300 casi aperti negli Stati Uniti, mentre in Italia sono 24 dall’inizio del 2002. I nomi di dominio registrati, a luglio di quest’anno avevano raggiunto quota 30 milioni circa e, tra questi, i suffissi .com erano oltre 21 mila. La quota di siti registrati da residenti in Italia, privati, aziende e pubblici, e’ pari a 530 mila (dati del marzo 2002 di NetNames).

Con l’avvento del commercio elettronico, la materia dei nomi di dominio ha assunto una rilevanza predominante in tutti i suoi aspetti sia amministrativi che giudiziari. La corsa ai nomi piu’ noti gia’ avviata in tempi non sospetti, oggi come oggi ha assunto aspetti preoccupanti e cio’ perche’ continua ad aver valore quel criterio base per la registrazione dei nomi di dominio che e’ meramente cronologico cioe’ il first come, first served vale a dire che il nome di dominio e’ assegnato, indipendentemente dal marchio, a chiunque lo richieda per primo, senza quindi fare alcuna indagine sulla legittimita’ o meno della richiesta. In tal modo puo’ verificarsi la paradossale situazione che un’ azienda leader in un determinato settore non possa utilizzare il proprio marchio su Internet, in quanto l’equivalente nome di dominio risulta gia’ registrato da terzi. Situazioni del genere si sono verificate diverse volte negli Stati Uniti ed ormai anche in Italia costringendo i titolari del marchio a notevoli esborsi di denaro.

Indubbiamente il criterio poteva trovare il suo fondamento nel fatto che il nome a dominio per quanto sia configurabile come un segno distintivo (nonostante un parte minoritaria della giurisprudenza sia contraria v. Trib. Firenze 29 giugno 2000) non puo’ e non deve essere confuso con il marchio. Difatti l’equiparazione al marchio, non e’ sostenibile in quanto diversi sono i presupposti per la registrazione e diversa e’ anche la natura dei diritti che su di essi incidono (i domain names sono solo assegnati in uso).
Come si diceva, pero’, con l’avvento dell’e-commerce e quindi con la particolare rilevanza anche economica che puo’ assumere un nome di dominio, l’identificazione con il marchio ormai e’ una realta’ (deprecabile, ma lo e’), e gia’ la giurisprudenza ha evidenziato quest’aspetto sottolineando che – a prescindere dall’etichetta giuridica che si vuol dare ad un segno – esso, in quanto utilizzato nel commercio e nell’esercizio di una attivita’ di impresa, se costituisce contraffazione degli altrui segni distintivi, viola la normativa a tutela di questi ultimi, nonche’ puo’ integrare una condotta di concorrenza sleale (v. Trib. Genova 13 ottobre 1999; Trib. Napoli 26 febbraio 2002).
Quindi, l’orientamento della giurisprudenza dominante e’ di ritenere preminente la legge sui marchi rispetto al regolamento che disciplina i domain names, per cui in genere viene protetta l’azienda aggiudicataria del marchio che venga pregiudicata dalla possibile confusione commerciale derivante dall’altrui nome di dominio. Questo orientamento potrebbe vanificare, in parte, le altre procedure previste dalle Regole di Naming in caso di illegittima registrazione dei nomi di dominio e cioe’ il giudizio arbitrale di cui all’art. 15 che pero’ deve essere preventivamente accettato dalle parti e principalmente la procedura amministrativa di riassegnazione dei nomi a dominio prevista dall’art. 16 delle Regole di Naming che permette, a chi lamenta l’altrui illegittima registrazione di un nome a dominio a proprio danno, di ottenere un provvedimento di trasferimento a proprio favore del nome a dominio stesso, attraverso l’accertamento dell’esistenza di alcune condizioni dettate dall’art. 16.6 delle Regole di Naming. Tale procedura, ispirata all’analoga procedura adottata dall’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), e’ stata introdotta dalla Naming Authority Italiana in data 28/7/2000. I vantaggi di tale procedura sono i tempi molto rapidi (max 60 giorni dal reclamo per ottenere una decisione), i costi molto contenuti e principalmente la possibilita’ di combattere efficacemente la pratica illegittima del domain grabbing ottenendo un immediato trasferimento a proprio favore del nome di dominio contestato.

Il limite fondamentale di tale procedura e’ rappresentato dalla possibilita’ offerta alle parti di attivare, durante la pendenza della stessa un ordinario giudizio di cognizione ovvero un giudizio arbitrale in merito alla titolarita’ del dominio contestato. In tali casi la procedura di riassegnazione si estinguera’ automaticamente. Del resto anche successivamente all’esito della procedura in esame la parte soccombente potrebbe rivolgersi ad un giudice ordinario rendendo vana la decisione dei saggi. Un ulteriore limite della procedura di riassegnazione e’ quello di aver per oggetto esclusivamente nomi a dominio registrati sotto il TLD “.it” con conseguente esclusione di tutti gli altri domini registrati sotto diversi TLD.

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