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COLLABORATORE VICARIO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO: Le più recenti riforme

11 Giugno 2002 Commenta

LA FIGURA DEL C.D. “COLLABORATORE VICARIO” DEL DIRIGENTE SCOLASTICO.
ORGANO COMPETENTE PER LA NOMINA E POTERI ATTRIBUITI ALLA LUCE DELLE PIÙ RECENTI RIFORME.

Con l’entrata in vigore del regolamento sull’autonomia scolastica, anche sulla scorta di disposizioni già introdotte nel corpo del D.lgs 29/93 a opera del D.lgs 59/98, si è sviluppato un notevole dibattito circa la natura, e le attribuzioni, della figura del collaboratore “vicario”, particolarmente in relazione all’organo abilitato alla nomina e, subordinatamente, all’entità delle competenze da attribuire, in caso di assenza o impedimento del dirigente scolastico, al collaboratore medesimo. Ciò essenzialmente perché l’attribuzione di funzioni e competenze in capo ai dirigenti scolastici, operata sulla base dell’articolo 25 del testo unicosul pubblico impiego con il relativo carico di responsabilità (anche dirigenziali), impone una seria riflessione circa la natura indubbiamente fiduciaria dell’incarico in oggetto, e sulle modalità di individuazione e svolgimento delle competenze “vicarie”. In sostanza ci si chiede se – alla luce della più recente normativa in materia – il collaboratore vicario possa essere autonomamente scelto dal dirigente scolastico senza più procedere all’elezione da parte del collegio dei docenti ai sensi degli artt. 396 e 7, comma 2, lettera h, del dlgs. 297/94 e quali limiti di ordine generale (ove riscontrabili) incontri nell’esercizio della funzione “vicedirigenziale” il sostituto del dirigente scolastico, con specifico riferimento al caso di assenza o di impedimento del titolare. Preliminarmente e sulla base dei più generali canoni di diritto amministrativo (con particolare riferimento alla teoria cosiddetta “organica”), deve osservarsi come il concetto di “vicarietà” in senso stretto sia più correttamente riferibile al caso di sostituzione del titolare quando questi manchi del tutto (si parla di soggetto “facente funzione”), fattispecie che viene piuttosto in rilievo nel caso di incarico di presidenza o di reggenza ad opera di altro dirigente scolastico. Nel caso in esame più correttamente dovrebbe parlarsi di “supplenza” in caso di assenza o impedimento del titolare, o meglio ancora di “sostituzione”, ipotesi in cui per un verso il docente incaricato farebbe temporaneamente le veci del dirigente titolare (con le modalità previste, come si vedrà, dall’articolo 5 dell’o.m. 44/02), per altro sarebbe possibile “incasellare” tutte le ipotesi di avvalimento e delega di firma da parte del dirigente nei confronti di “docenti da lui individuati” (articolo 25 del testo unico sul pubblico impiego) nel caso appunto di assenza o impedimento di quest’ultimo. Non v’è dubbio peraltro che, con riferimento alle competenze eventualmente individuabili in capo a quello che ancora oggi la normativa definisce genericamente “collaboratore vicario”, sia possibile pervenire all’individuazione, anche sulla base dei più generali principi dell’autonomia scolastica, di due profili assorbenti: quello delle competenze didattiche e quello dei compiti organizzativi ed amministrativi. Malgrado “l’oggettiva difficoltà di distinguere, in talune situazioni, le attività di gestione e di organizzazione da quelle di contenuto educativo-didattico” (c.m. 205/00), e fermo restando l’utilizzo del criterio della prevalenza per pervenire alla soluzione del problema (esempio: l’affidamento di una supplenza, per quanto rappresenti un’attività involgente entrambi i profili, dimostra una netta prevalenza di quelloorganizzativo-gestionale) non v’è dubbio che alcune funzioni di entrambi i profili possano essere sicuramente svolte dal collaboratore vicario in caso di assenza del dirigente e che ovviamente riveste notevole importanza sapere chi sia abilitato a nominare il vicario medesimo.

Ciò premesso è ora possibile affrontare analiticamente e problematicamente i profili relativi alla nomina del collaboratore vicario e agli eventuali limiti generali alle competenze del collaboratore medesimo, alla luce della normativa di settore e di quella, de jure condendo, sulla dirigenza ingenerale: sarà allora possibile pervenire ad alcune condivisibili conclusioni in materia. L’articolo 7 del decreto legislativo numero 297/94 prevedeva espressamente che il collegio dei docenti potesse eleggere i ” docenti incaricati di collaborare ” con il preside: uno di questi dovrebbe sostituire il titolare in caso di assenza o impedimento. D’altra parte il quinto comma dell’articolo 396, in tale situazione, prevedeva che ” la funzione direttiva fosse esercitata dal docente scelto dal . preside e tra i docenti eletti”, e ciò in piena corrispondenza con la norma precedentemente assunta. Tale quadro normativo veniva scardinato dall’articolo 21 comma 16 della legge numero 59/97 che provvedeva al conferimento della qualifica dirigenziale ai presidi (a fronte dell’acquisto dell’autonomia e della personalità giuridica in capo alle istituzioni scolastiche) e successivamente dal decreto legislativo 59/98 che introduce un articolo 25 bis nel decreto legislativo 29/93. In particolare il quinto comma di tale norma (ora trasfuso nel comma 5 dell’articolo 25 del decreto legislativo numero 165/01) stabiliva che: ” nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti….”. A fronte della inequivocabile volontà normativa (esemplare per coerenza, dal momento che l’individuazione di una funzione dirigenziale in capo al preside titolare, con il carico di nuove competenze e responsabilità che inevitabilmente comporta, non poteva che accompagnarsi ad una norma che rafforzasse il vincolo fiduciario con i docenti che eventualmente si trovassero a sostituire il dirigente in caso di assenza, svincolando la nomina di tali collaboratori dal vincolo elettivo da parte collegio deidocenti) l’Amministrazione lasciava di fatto sopravvivere l’assetto complessivo precedentemente indicato, stabilendo con la circolare ministeriale 214/99 che sussistendo una differenza giuridico concettuale fra docente vicario e docente delegato per compiti specifici, il primo poteva continuare ad essere nominato dal dirigente scolastico nell’ambito dei collaboratori eletti dal collegio dei docenti. I segni di inversione di tendenza potevano tuttavia individuarsi fin dalla redazione del CCNL scuola del 26/5/99, che all’articolo 19 comma 4 approfondiva quanto in generale stabilito dall’allora articolo 25 bis del decreto legislativo 29/93, sottolineando il profilo fiduciario anzidetto, nel quadro di una collaborazione che sembrava identificarsi sempre più con i profili della sostituzione e della vicarietà. Non è un caso che l’articolo 40, comma 1, num. 2) del CCNL integrativo 1999 per il comparto scuola, in tema di conferimento di incarichi ai capi di istituto, introduceva il concetto di “reggenza” di altra scuola in caso di assenza o impedimento del titolare “per periodi superiori a due mesi”: le responsabilità della dirigenza per periodi superiori ai due mesi sono dunque a carico di un altro dirigente scolastico, ferma restando la possibilità di conferire “l’incarico di presidenza” per periodi superiori; per periodi inferiori ai due mesi è evidente che al dirigente scolastico, contando sulla “natura fiduciaria dell’incarico correlata alla responsabilità sugli esiti dell’incarico stesso”, deve essere conferita la possibilità di discernere con piena autonomia il docente più adatto alla bisogna. Ed infatti nell’Adunanza del 26/7/00, la seconda sezione del Consiglio di Stato, con motivato parere sollecitato dall’Amministrazione, affermava fra l’altro che ” l’articolo 25 bis del decreto legislativo numero 29/93, così come integrato dal decreto legislativo 6 marzo 1998 numero 59, affida al dirigente scolastico la gestione unitaria dell’istituzione, la gestione delle risorse finanziarie e strumentali, nonché i poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. Il dirigente scolastico ha il compito di organizzare l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formativa e risponde in ordine ai risultati. Coerentemente con tale nuovo contesto, il comma 5 dell’articolo 25 bis attribuisce al dirigente la facoltà di avvalersi della collaborazione di docenti, da lui individuati, ai quali può delegare compiti specifici. Tale ultima disposizione appare tuttavia incompatibile con quella dell’articolo 7 comma 2, lettera h del decreto legislativo numero 297/94 che, come si è detto attribuisce al collegio dei docenti la competenza ad eleggere i collaboratori del capo d’istituto. Poiché le disposizioni disciplinano la stessa materia in modo differente l’Amministrazione ritiene prevalente la disposizione successiva nel tempo. Peraltro tale conclusione appare anche l’unica possibile sul piano logico e sistematico poiché il comma 5 dell’articolo 25 bis non può che presupporre l’esistenza di un rapporto fiduciario fra delegante e delegato, presupposto che resterebbe frustrato dalla scelta del soggetto delegato compiuta da un organo diverso dal dirigente scolastico delegante.” Il Consiglio di Stato individua correttamente come manchi una sorta di riconoscimento normativo del collaboratore vicario del dirigente e, ” a fortiori tenuto conto delle funzioni spettanti al vicario, ancora meno ipotizzabile la figura di un vicario del dirigente che sia eletto da un organo collegiale. La soluzione al problema della sostituzione del dirigente scolastico in caso di assenza o impedimento sembra debba piuttosto essere ricercata nella normativa generale e, quindi, nell’affidamento temporaneo di funzioni da parte del dirigente ad uno dei suoi collaboratori, ove si tratti di impedimenti di breve durata, o attraverso l’affidamento della reggenza da parte del competente dirigente generale per assenze protratte nel tempo. Sulla base delle suesposte considerazioni l’amministrazione ritiene che sul piano interpretativo la normativa introdotta con il comma 5 del più volte citato articolo 25 bis del decreto legislativo 29/93 debba ritenersi prevalente su quella di cui al comma 2 dell’articolo 7 del testo unico.” L’amministrazione non poté a questo punto far altro che recepire concretamente tale inversione di tendenza con la circolare numero 193 del 2000, ribadendo l’immediata applicabilità del comma 5, articolo 25 bis del decreto legislativo numero 29/93, interpretato nel senso che consente al dirigente scolastico di delegare compiti specifici a docenti da lui direttamente ed autonomamente scelti. Successivamente veniva emanata la circolare 30/8/00 numero 205, che chiaramente indicava come il cosiddetto docente vicario – in realtà il sostituto in caso di assenza o impedimento temporaneo inferiore a due mesi – non dovesse più essere eletto dal collegio dei docenti, ma scelto direttamente dal dirigente scolastico. D’altra parte tale circolare, esprimendo il disagio circa la difficoltà di distinguere fra profili della gestione amministrativo-organizzativa e momenti più propriamente collegabili alle competenze didattico-educative, proponeva” forme di raccordo fra le autonome scelte del dirigente scolastico e quelle del collegio dei docenti “. Ma con ciò indica, non impone una soluzione (“. appare auspicabile “). Non modifica peraltro il nuovo quadro l’articolo 3 comma 2 del c c n l secondo biennio 00/01 comparto scuola, norma puramente ricognitiva di una situazione transitoria, né il CCNL dirigenza del 1/01/02, che piuttosto all ‘art 4 lettera l) ed all’articolo 26 comma 1 lettera c) ribadisce e qualifica su base contrattual-dirigenziale, la possibilità di conferire la reggenza, e dove piuttosto emergerebbe in coerenza con il nuovo assetto l’articolo 17 comma 8 circa la responsabilità per il dirigente di organizzare le proprie ferie ” in accordo con il dirigente dell’ufficio scolastico regionale in modo da garantire la continuità del servizio “. Il nuovo assetto viene finalmente cristallizzato dalla recentissima ordinanza ministeriale n. 44 del 2002 che all’articolo 5 commi da 12 a 18 disciplina tutti i casi – ulteriori rispetto a quelli in cui si procede con il conferimento dell’incarico di presidenza, e quelli (per assenza o impedimento del titolare) “per un periodo superiore a due mesi ” in cui si attribuisce la reggenza ad altro dirigente scolastico – in cui rileva la figura del collaboratore vicario. Tralasciando l’ipotesi di cui al comma 12 ( comunque rilevante considerato che nell’ordine di priorità per l’incarico ” fino al termine dell’anno scolastico ” il collaboratore vicario è al primo posto), emergono con evidenza quelle previste dal comma 15: ” in caso di comprovata impossibilità del conferimento dell’incarico di reggenza ad un dirigente scolastico indicato nei precedenti punti, le funzioni direttive sono svolte, ai sensi dell’articolo 396, comma 5, del decreto legislativo numero 297/94, dal collaboratore vicario” e dal comma 18 per cui:” in caso di assenza o di impedimento temporaneo, per un periodo inferiore a due mesi dei titolari non si fa luogo al conferimento di incarico e la funzione direttiva è esercita dal collaboratore vicario ai sensi dell’articolo 396, comma 5 del decreto legislativo n. 297/94″. La lettura di tali norme impone un duplice ordine di considerazioni: in primo luogo essa va operata nel quadro strutturato come finora indicato, e nella prospettiva, come si vedrà, della riforma della dirigenza, e pertanto il riferimento al quinto comma dell’articolo 396 del decreto legislativo 297/94 va interpretato per un verso come ricerca di una “copertura legislativa” all’ordinanza ministeriale medesima, per altro nel senso previsto dal Consiglio di Stato, e perciò depurato dal riferimento all’articolo 7 del medesimo decreto legislativo 297/94. In secondo luogo è evidente la volontà dell’Amministrazione di limitare “l’utilizzo ” del collaboratore vicario (per come oggi configurato), per quanto possibile (comma 15), ai soli periodi – inferiori a due mesi – in cui difficilmente può presentarsi la necessità di compiere atti di straordinaria amministrazione, coinvolgenti scelte strategiche e di indirizzo. In prospettiva, l’articolo 7 del disegno di legge “Frattini” di riforma della dirigenza, prevedendo l’introduzione dell’articolo 17 bis (vicedirigenza) al decreto legislativo 165/01 (” La contrattazione collettiva del comparto ministeri disciplina l’istituzione di un’apposita area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni c2 e c3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche ottava e nona del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l’accesso alla ex carriera direttiva anche speciale. I dirigenti possono delegare ai vicedirigenti parte delle competenze di cui all’articolo 17.. La disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni c2 e c3 del comparto ministeri; l’equivalenza delle posizioni è definita con decreto del ministro per la funzione pubblica, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze. Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo quanto stabilito dall’articolo 27″), indica quale possa essere la soluzione finale del problema, ferma restando la necessità di norme specifiche e di dettaglio per il comparto scuola. In ogni caso, e con riferimento alle competenze del vicario, si osserva incidentalmente come l’articolo 7 configuri peraltro il collegio dei docenti come organo che assolve funzioni espressamente riferite al funzionamento didattico dell’istituto, ed in tal senso tali competenze appaiono cristallizzate dal fatto che né l’articolo 21 della legge 59/97, nè i decreti legislativi 59/98 e 80/98, né il DPR 275/99, prevedono disposizioni che in qualche modo alterino le competenze del collegio (si pensi – piuttosto – in tal senso alla disciplina delle funzioni obiettivo). Senza dilungarsi sull’argomento, deve osservarsi come in materia sia difficile prevedere quali decisioni possano essere assunte in futuro dal legislatore e dall’Amministrazione, anche in previsione dell’annunciata riforma degli organi collegiali: è ovvio però che i “potenziali” conflitti relativi alla competenza ed alle funzioni svolte da un vicario non eletto dal collegio, si incentrino tutti su quelle didattiche. E qui possono sicuramente individuarsi dei limiti di ordine generale all’attività del vicario: ad esempio si osserva come questi possa dirigere il consiglio della propria classe, mentre per le altre classi è necessario, in assenza di dirigente scolastico, un coordinatore per singolo consiglio. Sul punto si rimanda a quanto anticipato nella prima parte circa fra l’altro il criterio della “prevalenza”, ricordando per altro verso come, sulla base di quanto disposto dall’articolo 25 comma 5 e dall’intera normativa in precedenza approfondita, le competenze organizzativo-amministrative del vicario, in assenza del dirigente scolastico sono sicuramente molto più ampie e trovano l’unico limite della ordinaria amministrazione. Perciò, ad esempio, il collaboratore vicario potrà firmare un contratto comportante spese, ove ad esempio si tratti di acquisto di cancelleria, gasolio per riscaldamento etc, oltre a poter firmare in genere i mandati di pagamento, ma non potrà nel breve periodo in cui è assente il dirigente, deliberare e finanziare una spesa per costruire ed attrezzare un’aula d’ informatica, et similia. Concludendo ed in sintesi, è possibile ad oggi indicare che, in caso di assenza temporanea del dirigente scolastico:
1) sulla base del quadro normativo delineato, la nomina del collaboratore vicario spetta unicamente al dirigente scolastico quale figura fiduciaria ed inequivocabilmente conferibile intuitu personae;
2) il vicario svolge le funzioni organizzative ed amministrativo-gestionali sulla base del duplice criterio dell’ordinaria amministrazione e dell’eventuale, specifica, delega per singoli atti, da parte del dirigente scolastico, mentre per le funzioni di tipo didattico appaiono invalicabili i limiti comportati dalla presenza di specifici organi, quali il collegio dei docenti, il consiglio di classe etc.. Ove non sia chiaro discernere fra funzioni organizzative e didattiche, appare necessario affidarsi al criterio della prevalenza.
Avv. Alfredo Assisi

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