Si diffondono da tempo nella comunita’ del Web numerosi dibattiti attorno alla liceita’ dell’utilizzo di reti di peer-to-peer. Le lezioni tecniche degli informatici si accavallano a quelle dei giuristi. Ma se condividiamo delle risorse con altri utenti su reti di file-sharing siamo davvero dei criminali?
Bhe’ c’e’ un modo per non preoccuparsi di queste problematiche. Ora c’e’ Freenet.
Freenet e’ un software gratuito che permette all’utilizzatore di ottenere e pubblicare informazioni sulla rete Internet senza la paura della censura. Per raggiungere questa liberta’, la rete e’ interamente decentralizzata e sia coloro che pubblicano sia i “consumatori†di quelle informazioni sono anonimi. Senza l’anonimato non ci potrebbe mai essere diritto a parlare liberamente e senza la decentralizzazione una rete non potrebbe essere mai al riparo da attacchi. Sebbene vi siano numerosi altri progetti in tal senso (si vedano Grokster e Kazaa), Freenet e’ diverso.
Questo programma, dando la possibilita’ di essere totalmente anonimi, permette ai propri utilizzatori di superare le barriere della censura, che, specie in alcuni Paesi del mondo, si frappongono ai diritti di ogni essere umano. Cosi’ e’ accaduto in Cina e nell’Est Europeo, dove, grazie a Freenet, gli utenti possono veicolare (e lo hanno fatto – si dice) informazioni in maniera anonima e, dunque, sicura e protetta da ogni censura. Appunto per la sua natura di “anonimizzatore†esso passa (diciamo cosi’) inosservato. E’ stato scaricato da circa 2 milioni di persone, ma se fosse diffuso realmente su larga scala, potrebbe raggiungere i PC di tutti i navigatori del mondo. Ian Clarke, il creatore e il coordinatore di Freenet, a ogni modo e’ famoso nel settore e, infatti, e’ stato selezionato fra uno dei 100 innovatori piu’ importanti dell’anno 2003 dalla rivista Technology Review Magazine del MIT.
Con Freenet ciascun utente si prende la propria rivincita nei confronti di tutti coloro che vogliono porre un freno alla liberta’ tecnica di utilizzare le reti di peer-to-peer. Esso non e’ nato, pero’, con l’intento di destabilizzare le istituzioni, ma – se usato correttamente – puo’ contribuire alla tutela della riservatezza di ogni surfer della rete.
Ci si domanda, pero’, quali sono i risvolti giuridici dell’utilizzo di questo programma. La risposta non e’ delle piu’ semplici. Infatti, gia’ approfondire dal punto di vista giuridico il tema dei “normali†P2P in circolazione genera imbarazzi, contraddizioni e precisazioni da tutti gli operatori del settore.
Per analizzare i risvolti giuridici del fenomeno Freenet non si puo’ non fare rimando alle legislazioni americana e italiana. La prima fa capo all’ormai famoso DMCA Digital Millennium Copyright Act del 1998 ed e’ sulle cronache quotidiane per il continuo riferimento fatto dalle associazioni americane dei produttori musicali. La seconda, invece, ruota attorno alla recentemente modificata legge n. 633 del 1941.
Analizzando brevemente il DMCA, esso (come ho gia’ precisato qui in altra data) prevede nella sezione 512 (h) una particolare disciplina che permette ai titolari di diritti d’autore di obbligare il provider a fornire i nomi degli utenti che violano il copyright in rete. Tale normativa ha come presupposto (di fatto) la conoscenza almeno dell’indirizzo IP del presunto pirata. Infatti, il titolare di diritti deve dare al provider una serie di informazioni in modo tale che quest’ultimo si attivi per svelare l’identita’ del presunto pirata. Qualora, pero’, con l’uso di un anonimizzatore non si possa in alcun modo risalire all’identita’ dell’utente, allora non vi sarebbero i presupposti per chiedere la “subpoena†cioe’ l’ingiunzione, la citazione al provider.
Secondo il nostro ordinamento, poi, la situazione sarebbe piuttosto similare, ma da un altro punto di vista. In Italia non esiste una normativa come quella appena riportata del DMCA. Il titolare dei diritti d’autore non puo’ farsi giustizia da se’ come con la richiesta di “subpoena†statunitense. Egli potra’ in ogni caso sporgere denuncia all’Autorita’ competente perche’ vengano iniziate le apposite indagini al fine di identificare il presunto pirata. Ma dato che, come gia’ detto, Freenet rende davvero anonimo l’utilizzatore, cio’ sara’ impossibile.
Ma e’ lecito secondo l’ordinamento giuridico italiano trincerarsi dietro a un anonimizzatore?
Se esso viene utilizzato per tutelare la propria riservatezza, allora si puo’ affermare di si’. Infatti, anche se nel codice civile non vi sono norme specifiche in materia, recentemente si e’ fatta spazio l’idea dell’esistenza di un vero diritto alla riservatezza. Gia’ l’art. 2 della Costituzione prevede che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita’â€. Questa espressione, per quanto generale, costituisce il fondamento del diritto alla riservatezza, che tende appunto a preservare all’individuo un ambiente nel quale si svolge la sua personalita’ immune da intrusioni degli altri. L’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo testualmente tutela poi il rispetto alla vita privata e familiare; e vi sono altre norme che stabiliscono limiti all’uso di notizie relative al singolo, alla riproduzione di scritti personali, di immagini, ecc. Quando si parla di riservatezza in questo senso si allude a una delle due figure della riservatezza medesima: quella che riguarda il singolo fra le pareti di casa, o in ambiente privato, intimo, riservato. L’altro aspetto riguarda, invece, il controllo sulla circolazione delle informazioni personali, assunte da privati o da enti pubblici per conto dei singoli. Insomma, le due facce della riservatezza sono il diritto all’anonimato e quello a non essere interferiti nella propria sfera personale.
Fatta questa precisazione, l’analisi del fenomeno si fa piu’ interessante se si guarda al contenuto che si veicola attraverso le reti peer-to-peer. Sembra opportuno precisare che se il materiale che si veicola e’ illegale di certo (qualora si fosse scoperti) si incorrerebbe in sanzioni penali o amministrative. D’altra parte, pero’, se diffondiamo ad amici materiale di nostra proprieta’ o su cui abbiamo legittimi diritti di utilizzazione e riproduzione, allora, sarebbe tutto perfettamente lecito.
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