Bologna – Da quando sono in commercio (gratuitamente e non) programmianti-spam, gli utenti della rete si sentono un po’ al riparo dalleantipatiche lettere commerciali non sollecitate. Sembra finalmente che lariservatezza di ognuno sia stata reintegrata (seppur con qualchedifficolta’). La pubblicita’, pero’, e’ uno strumento fondamentale per tuttele societa’ vendor del mondo e, per questo motivo, fanno fatica a recepirele esigenze di privacy del navigatore medio-accorto. Per non perderel’occasione di diffondere messaggi pubblicitari a soggetti che sarebberoeffettivamente interessati a riceverli, allora, perche’ non creare uncircuito chiuso dove poter facilmente raggiungere questi utenti? Da quinasce l’idea del World’s Largest Safemail Franchise Network, una catenadello spam, che predica il verbo della “messaggistica pubblicitaria sicura”.Grazie alla natura di franchising che lo contraddistingue, il Networkconsente a un qualunque vendor la possibilita’ di bombardare di e-mailpromozionali un numero indefinito di utenti, che pero’, (e qui sta ladifferenza) sono consapevoli di ricevere tutta quella pubblicita’. Sembra,dunque, uno schema perfettamente legale col quale si possono perseguire leesigenze commerciali di determinate aziende senza ledere la riservatezza diogni singolo destinatario di posta. Ma, a ben vedere, sembrerebbe non esserecosi’ – secondo le direttive europee in materia (95/46/CE e la recente2002/58/CE).
Oggi i metodi di spamming sono in costante evoluzione, cosi’ come i vari mezzi (tecnologici e non) che vengono utilizzati per evitare la posta “spazzatura”. Molte di queste lettere, pero’, sono la fortuna di innumerevoli societa’ e allora, perche’ farle finire in un’apposita cartella di junk mail?
Bologna – Da quando sono in commercio (gratuitamente e non) programmi anti-spam, gli utenti della rete si sentono un po’ al riparo dalle antipatiche lettere commerciali non sollecitate. Sembra finalmente che la riservatezza di ognuno sia stata reintegrata (seppur con qualche difficolta’). La pubblicita’, pero’, e’ uno strumento fondamentale per tutte le societa’ vendor del mondo e, per questo motivo, fanno fatica a recepire le esigenze di privacy del navigatore medio-accorto. Per non perdere l’occasione di diffondere messaggi pubblicitari a soggetti che sarebbero effettivamente interessati a riceverli, allora, perche’ non creare un circuito chiuso dove poter facilmente raggiungere questi utenti? Da qui nasce l’idea del World’s Largest Safemail Franchise Network, una catena dello spam, che predica il verbo della “messaggistica pubblicitaria sicura”. Grazie alla natura di franchising che lo contraddistingue, il Network consente a un qualunque vendor la possibilita’ di bombardare di e-mail promozionali un numero indefinito di utenti, che pero’, (e qui sta la differenza) sono consapevoli di ricevere tutta quella pubblicita’.
Sembra, dunque, uno schema perfettamente legale col quale si possono perseguire le esigenze commerciali di determinate aziende senza ledere la riservatezza di ogni singolo destinatario di posta. Ma, a ben vedere, sembrerebbe non essere cosi’ – secondo le direttive europee in materia (95/46/CE e la recente 2002/58/CE).
Il consenso al trattamento dei dati personali, infatti, pur potendo essere comunicato ad altri soggetti o ad altre categorie di soggetti oltre al titolare del trattamento (art. 10, lett. d), legge 675/96), dev’essere gestito in “un” (determinato) ambito di diffusione. Nel caso qui analizzato, invece, si tratta di un ambito teoricamente “indeterminato” e per questo non in linea con la ratio della c.d. legge sulla privacy. Si potrebbe ricadere, infatti, nella violazione dei requisiti di liceità e correttezza del trattamento dei dati personali (secondo quanto impone l’art. 9, lett. a)). L’utente che acceda a tale servizio di ricezione di posta commerciale potrebbe essere bombardato da centinaia di lettere promozionali di diverso contenuto. Appare difficile ritenere che questo soggetto desideri ricevere “qualunque tipo” di pubblicità . Qualora, infatti, egli fosse interessato solo ad alcune categorie commerciali e, invece, si vedesse giungere molteplici messaggi anche di altro genere, il suo consenso non verrebbe trattato secondo correttezza.
Fortunatamente, tale servizio non risulta ancora attivo in Italia, ma molti altri Paesi europei (che hanno recepito la stessa direttiva da cui è “nata” la l. 675/96) sono stati già raggiunti.
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