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Rifiuti Tecnologici: Approvata La Direttiva

27 Dicembre 2002 Commenta

Bologna – Oltre al vetro, alla carta e alla plastica, gli Stati dell’Unione Europea si sono recentemente impegnati per avviare adeguati sistemi per il riciclaggio dei rifiuti hi-tech. Una lodevole iniziativa che, pero’, non affronta in alcun modo i problemi della privacy degli utenti. Le apparecchiature tecnologiche sono ormai diventate talmente diffuse da essere presenti in ogni nucleo familiare o ufficio (anche il piu’ piccolo). In particolare i computer sono talmente diffusi fra i cittadini europei da spingere il legislatore comunitario ad affrontare il problema del riciclaggio dei beni hi-tech. L’argomento, infatti, e’ realmente serio: ogni anno una buona parte del “parco macchine elettronico” delle nazioni europee (ma anche di tutti i Paesi industrializzati) viene modernizzato e, di conseguenza, una mole non indifferente di materiale elettrico viene buttato nei normali cassonetti. Purtroppo, ciascun elemento elettronico contiene una buona parte di componenti di piombo o di mercurio, che, se dispersi liberamente nell’ambiente, possono creare seri problemi di inquinamento. Ecco dunque che recentemente il Parlamento europeo ha approvato la prima direttiva sui rifiuti di “apparecchiature elettriche ed elettroniche”. Ora gli Stati membri hanno diciotto mesi di tempo per adottare la direttiva all’interno della propria legislazione (l’Italia e’ compresa fra gli Stati che vi hanno aderito). Le nuove regole per il riciclaggio dei tecno-rifiuti coinvolgono direttamente non solo i produttori, ma anche tutti gli utenti. I primi, infatti, saranno obbligati a riportare sempre il proprio marchio e la data di immissione nel mercato dei prodotti tecnologici e sono tenuti a organizzare e finanziare il sistema di recupero, raccolta e riciclaggio dei rifiuti hi-tech. I secondi, infine, sono chiamati a contribuire a questo nuovo progetto differenziando i rifiuti come gia’ si e’ soliti fare con altri materiali.

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RIFIUTI TECNOLOGICI: Approvata la direttiva

27 Dicembre 2002 Commenta

Oltre al vetro, alla carta e alla plastica, gli Stati dell’Unione Europea si sono recentemente impegnati per avviare adeguati sistemi per il riciclaggio dei rifiuti hi-tech. Una lodevole iniziativa che, pero’, non affronta in alcun modo i problemi della privacy degli utenti.


Bologna – Le apparecchiature tecnologiche sono ormai diventate talmente diffuse da essere presenti in ogni nucleo familiare o ufficio (anche il piu’ piccolo). In particolare i computer sono talmente diffusi fra i cittadini europei da spingere il legislatore comunitario ad affrontare il problema del riciclaggio dei beni hi-tech.
L’argomento, infatti, e’ realmente serio: ogni anno una buona parte del “parco macchine elettronico” delle nazioni europee (ma anche di tutti i Paesi industrializzati) viene modernizzato e, di conseguenza, una mole non indifferente di materiale elettrico viene buttato nei normali cassonetti. Purtroppo, ciascun elemento elettronico contiene una buona parte di componenti di piombo o di mercurio, che, se dispersi liberamente nell’ambiente, possono creare seri problemi di inquinamento. Ecco dunque che recentemente il Parlamento europeo ha approvato la prima direttiva sui rifiuti di “apparecchiature elettriche ed elettroniche”. Ora gli Stati membri hanno diciotto mesi di tempo per adottare la direttiva all’interno della propria legislazione (l’Italia e’ compresa fra gli Stati che vi hanno aderito).
Le nuove regole per il riciclaggio dei tecno-rifiuti coinvolgono direttamente non solo i produttori, ma anche tutti gli utenti. I primi, infatti, saranno obbligati a riportare sempre il proprio marchio e la data di immissione nel mercato dei prodotti tecnologici e sono tenuti a organizzare e finanziare il sistema di recupero, raccolta e riciclaggio dei rifiuti hi-tech. I secondi, infine, sono chiamati a contribuire a questo nuovo progetto differenziando i rifiuti come gia’ si e’ soliti fare con altri materiali.


La direttiva qui commentata, pero’, non tratta affatto un aspetto fondamentale nella gestione dei rifiuti tecnologici e, in particolare, delle memorie fisse dei computer. Ogni hard disc, RAM o la parte piu’ interna di un microchip possono contenere dati personali dell’utente che li ha utilizzati, prima della rottamazione.
Ogni volta che dismettiamo un pezzo del nostro computer, infatti, corriamo il rischio che qualcuno venga in possesso dei nostri dati piu’ privati.
Il problema e’ sollevato da diversi soggetti specializzati (e presenti fuori Europa) che si occupano del riciclaggio dei rifiuti tecnologici.

Una societa’ come queste e’ la Technology Recycling che offre agli utenti la rottamazione sicura di tutti i componenti del proprio computer (previa corresponsione di circa quaranta dollari per pezzo). Le metodologie di riciclaggio consistono nel disassemblare le parti riciclabili del rifiuto tecnologico (vetro, plastica, metallo, ecc.), per poi avviarle al relativo trattamento di rigenerazione.
Inoltre, un’attenzione particolare viene rivolta per le memorie fisse del computer, dalle quali vengono rimossi tutti i dati ivi presenti, garantendo cosi’ la privacy degli utenti.
Infine, viene rilasciato anche un certificato di avvenuta distruzione delle parti elettriche affidate.

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