Tokyo – La lotta alla pirateria musicale, che opera con i sistemi di peer-to-peer, mette a segno una importante vittoria anche in Giappone. La RIAJ (Recording Industry Association of Japan) e’ riuscita a far dichiarare responsabile per violazione del copyright il servizio di file-sharing creato e gestito dalla giapponese MMO.
Guardato con molto sospetto da numerose etichette discografiche, infatti, la rete della MMO (dal nome “FileRougeâ€) amministrava un corposo numero di file musicali illegali.
Una stima approssimativa (fatta dagli avvocati degli attori) parla di circa 70.000 tracce disponibili attraverso questo collaudato sistema. In gran parte i file rappresentavano copie digitali fatte da CD di vasto successo commerciale, “messe†su Internet senza l’autorizzazione dei legittimi titolari dei diritti d’autore.
Come molti sanno, infatti, ogni autore non puo’ contemporaneamente gestire la contrattazione della propria opera con una gran quantita’ di operatori commerciali e delega, pertanto, altri soggetti (decisamente piu’ organizzati) a farlo.
La SIAE in Italia e’ uno dei piu’ importanti esempi di societa’ di gestione collettiva dei diritti d’autore. Allo stesso modo, in Giappone, esiste la JASRAC (Japan Society for Rights of Authors, Composers and Publishers), che ha agito in giudizio contro la MMO, per far rispettare i diritti dei propri rappresentati.
La JASRAC ha agito con l’aiuto di altre diciannove etichette discografiche, citando in giudizio la convenuta nel novembre 2001. Nell’aprile 2002 la Corte presso cui e’ radicato il procedimento ha imposto la sospensione del servizio. In questi giorni, invece, i giudici hanno stabilito la responsabilita’ di FileRouge per violazione del copyright. Nelle prossime udienze, infine, la Corte stabilira’ anche l’ammontare dei danni che MMO dovra’ pagare ai titolari dei diritti d’autore.
La notizia qui riportata rappresenta un ennesimo esempio della importanza che organismi come le collecting societies hanno nella vita quotidiana di molti artisti.
Nate nei primi anni dell’Ottocento come associazioni di mutuo aiuto fra autori, le collecting societies con il passare degli anni hanno ampliato le proprie attività scolte a tutela dei propri associati. Non solo funzioni di tipo amministrativo (come la conclusione di contratti per la riproduzione radiofonica di opere musicali protette, per esempio), ma anche di legittimazione attiva per l’azione in giudizio, allo scopo di tutelare gli interessi dei propri rappresentati. Il fulcro del legame fra autori e collecting societies è, infatti, il mandato conferito dai primi, mediante il quale le organizzazioni collettive si obbligano a compiere un nutrito numero di atti giuridici per conto degli autori. Gli artisti, dunque, rimangono liberi di poter continuare la propria attività professionale, consci del fatto che un altro soggetto cura nel proprio interesse diverse attività di tipo “praticoâ€.
Nell’era di Internet queste mansioni sembrano moltiplicarsi.
Alle classiche funzioni di contrattazione con i terzi, percezione dei proventi e ripartizione dei guadagni fra gli autori (dedotti i costi di gestione), si aggiungono infatti altre mansioni piu’ “tecnologicheâ€, come quella di monitorare il traffico di file nelle reti di peer-to-peer oppure di creare siti web specifici per facilitare l’incrocio fra domanda e offerta nel campo delle opere dell’ingegno.
Quest’ultima recente attività , nata con l’enorme sviluppo di Internet, segna una netta evoluzione nell’amministrazione dei diritti d’autore. Infatti, le collecting societies non solo entrano in un mondo “nuovo†e pieno di stimolanti sorprese come quello di Internet, ma offrono alle nuove figure creative (come, per esempio, i produttori di opere multimediali) un canale privilegiato da cui attingere materiale prezioso.
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