ROMA. L’Autorita’ Garante per i dati personali ha dichiarato in una recentepronuncia che la richiesta di risarcimento del danno per violazione dellaprivacy deve essere presentata dall’interessato direttamente all’autorita’giudiziaria e non puo’ essere avanzata tramite il Garante. In questo modo l’Autorita’ ha rigettato la pretesa di un ricorrente che chiedeva latrasmissione di copia degli atti all’autorita’ giudiziaria all’esito dell’accertamento contestando una violazione della privacy in Internet. La leggesulla privacy infatti, non ha introdotto innovazioni nella procedura civile.Naturalmente, analogo discorso dovra’ essere fatto per i ricorrenti chechiedono il risarcimento direttamente al Garante.Importante precisazione del Garante che interviene in una materia moltodelicata come il risarcimento dei danni nel caso di violazione dellaprivacy. Tale decisione assume un significato particolare se si fariferimento alla recente sentenza del Tribunale di Orvieto dove l’organogiudicante ha sostenuto che il trattamento illecito dei dati personali puo’produrre un danno non patrimoniale di cui e’ possibile chiedere ilrisarcimento in sede giudiziaria indipendentemente dall’esistenza di undanno di natura patrimoniale.Il caso e’ quello di un Istituto Bancario che nel corso dell’istruzione diuna pratica di mutuo a favore di due coniugi viene citato in giudizio daglistessi per trattamento illecito dei dati personali a causa di apprezzamentipoco lusinghieri contenuti nel fascicolo d’ufficio sulla loro vita personalee coniugale (e di cui gli stessi coniugi ne erano venuti a conoscenza perpuro caso). Immediata la condanna del Giudice di Orvieto che ha ravvisatonel comportamento illegittimo della banca una lesione della dignita’personale, professionale e commerciale dei coniugi.In effetti la stessa nozione di danno non patrimoniale e’ stata oggetto dicontinui dibattiti dottrinari e giurisprudenziali che alla fine hannoinfluenzato anche la nozione di danno patrimoniale.Come e’ noto secondo la lettera dell’art. 2059 c.c. il danno nonpatrimoniale puo’ essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge.Considerata, quindi, una previsione cosi’ ristretta si sono succedute neltempo molteplici tecniche tendenti ad allargare la categoria dei danni nonpatrimoniali come danni risarcibili.Si e’, innanzitutto, cercato di risolvere alla radice il problema sollevandola questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 2059 c.c. in base alprincipio della ingiustificata disparita’ di trattamento dei danneggiati conriguardo alla risarcibilita’ dei danni non patrimoniali. La CorteCostituzionale ha risolto, pero’, la questione con due sentenzeinterpretative di rigetto datate 26/07/79.]]>
Roma – L’Autorita’ Garante per i dati personali ha dichiarato in una recente pronuncia che la richiesta di risarcimento del danno per violazione della privacy deve essere presentata dall’interessato direttamente all’autorita’ giudiziaria e non puo’ essere avanzata tramite il Garante. In questo modo l’Autorita’ ha rigettato la pretesa di un ricorrente che chiedeva la trasmissione di copia degli atti all’autorita’ giudiziaria all’esito dell’accertamento contestando una violazione della privacy in Internet. La legge sulla privacy infatti, non ha introdotto innovazioni nella procedura civile. Naturalmente, analogo discorso dovra’ essere fatto per i ricorrenti che chiedono il risarcimento direttamente al Garante.
Importante precisazione del Garante che interviene in una materia molto delicata come il risarcimento dei danni nel caso di violazione della privacy. Tale decisione assume un significato particolare se si fa riferimento alla recente sentenza del Tribunale di Orvieto dove l’organo giudicante ha sostenuto che il trattamento illecito dei dati personali puo’ produrre un danno non patrimoniale di cui e’ possibile chiedere il risarcimento in sede giudiziaria indipendentemente dall’esistenza di un danno di natura patrimoniale. Il caso e’ quello di un Istituto Bancario che nel corso dell’istruzione di una pratica di mutuo a favore di due coniugi viene citato in giudizio dagli stessi per trattamento illecito dei dati personali a causa di apprezzamenti poco lusinghieri contenuti nel fascicolo d’ufficio sulla loro vita personale e coniugale (e di cui gli stessi coniugi ne erano venuti a conoscenza per puro caso). Immediata la condanna del Giudice di Orvieto che ha ravvisato nel comportamento illegittimo della banca una lesione della dignita’ personale, professionale e commerciale dei coniugi. Secondo la sentenza l’Istituto Bancario ha agito in totale violazione della legge n. 675/96 ed in particolare dell’art. 11 compilando il fascicolo senza chiedere il previo consenso dei coniugi. Inoltre l’omissione del consenso integra anche gli estremi del reato di cui all’art. 35 della legge n. 675/96 mentre le modalita’ (piuttosto approssimative) di conservazione del fascicolo configurano il reato di omessa adozione delle misure di sicurezza dei dati di cui all’art. 36 della legge sulla privacy.
La condanna, quindi, al risarcimento del danno non patrimoniale deriva, da un lato, dai fatti di reato configuratisi (art. 2059 c.c.) e dall’altro, dalla violazione del principio di correttezza del trattamento (artt. 9 e 29 della legge n. 675/96).
E’ opportuno, in questa sede, ricordare che la stessa nozione di danno non patrimoniale e’ stata oggetto di continui dibattiti dottrinari e giurisprudenziali che alla fine hanno influenzato anche la nozione di danno patrimoniale. Come e’ noto secondo la lettera dell’art. 2059 c.c. il danno non patrimoniale puo’ essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge. Considerata, quindi, una previsione cosi’ ristretta si sono succedute nel tempo molteplici tecniche tendenti ad allargare la categoria dei danni non patrimoniali come danni risarcibili (Isabella Iaselli, “Lezioni di Diritto Civile, Napoli, 1998). Si e’, innanzitutto, cercato di risolvere alla radice il problema sollevando la questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 2059 c.c. in base al principio della ingiustificata disparita’ di trattamento dei danneggiati con riguardo alla risarcibilita’ dei danni non patrimoniali. La Corte Costituzionale ha risolto, pero’, la questione con due sentenze interpretative di rigetto datate 26/07/79. Con la sentenza n. 87 la Corte ha escluso la sussistenza nel nostro ordinamento di un diritto incondizionato al risarcimento del danno non patrimoniale. Con la sentenza n. 88 la Corte si e’ pronunciata sulla legittimita’ dell’art. 2043 c.c. considerato non in contrasto con gli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione.
La dottrina, invece, muovendosi su linea diversa ha sottoposto a revisione la tradizionale nozione di danno patrimoniale, configurato come quel danno che incide sulla sfera patrimoniale dell’individuo, nel senso di diminuzione sia del suo patrimonio materiale che della sua capacita’ di produrre reddito. Sono nate cosi’ due categorie di danno patrimoniale: quello diretto inteso come pregiudizio economico consistente nel danno emergente e nel lucro cessante e quello indiretto inteso come ulteriore conseguenza negativa che il soggetto subisce in relazione alla diminuita capacita’ di sviluppare la propria personalita’ e quindi di ottenere maggiori profitti in prospettiva futura (sono nati cosi’ il danno alla vita di relazione ed il danno estetico). L’orientamento tradizionale e’ stato poi sottoposto ad ulteriore revisione e si e’ osservato che per danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. deve intendersi il danno morale, il patema d’animo, il turbamento doloroso della psiche del soggetto (SCOGNAMIGLIO).
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