Codice di procedura civile – Del processo di cognizione
DEL PROCESSO DI COGNIZIONE
Titolo I: DEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE
Capo I: DELL’INTRODUZIONE DELLA CAUSA
Sezione I: DELLA CITAZIONE E DELLA COSTITUZIONE DELLE PARTI
Art. 163 (Contenuto della citazione)
La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce al principio dell’anno giudiziario, con decreto approvato dal primo presidente della Corte di appello, i giorni della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima comparizione delle parti.
L’atto di citazione deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome e la residenza dell’attore, il nome, il cognome, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l’indicazione dell’organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’articolo 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini, e a comparire, nell’udienza indicata, dinanzi al giudice designato ai sensi dell’articolo 168-bis, con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’articolo 167 (1).
L’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e seguenti.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall’art. 7, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 163 bis (Termini per comparire)
Tra il giorno della notificazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione debbono intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e di centoventi giorni se si trova all’estero (1).
Nelle cause che richiedono pronta spedizione il presidente può, su istanza dell’attore e con decreto motivato in calce dell’atto originale e delle copie della citazione, abbreviare fino alla metà i termini indicati dal primo comma.
Se il termine assegnato dall’attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale che, sempre osservata la misura di quest’ultimo termine, l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore. Il presidente provvede con decreto, che deve essere comunicato dal cancelliere all’attore, almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza fissata dal presidente.
Articolo aggiunto dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall’art. 8, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 164 (Nullità della citazione)
La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell’articolo 163, se manca l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163.
Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.
La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7) dell’articolo 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini.
La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 3) dell’articolo 163 ovvero se manca l’esposizione dei fatti di cui al numero 4) dello stesso articolo.
Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione.
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l’udienza ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 183 e si applica l’articolo 167.
Articolo così sostituito dall’art. 9, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 165 (Costituzione dell’attore)
L’attore, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163 bis, deve costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, depositando in cancelleria la nota d’iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti offerti in comunicazione. Se si costituisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale.
Se la citazione è notificata a più persone, l’originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall’ultima notificazione.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 166 (Costituzione del convenuto)
Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del secondo comma dell’articolo 163-bis, ovvero almeno venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’articolo 168-bis, quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’articolo 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
Articolo sostituito dall’art. 10, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato dall’art. 1, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Art. 167 (Comparsa di risposta)
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali . Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione (1).
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.
Articolo così sostituito dall’art. 11, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall’art. 3, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 168 (Iscrizione della causa a ruolo e formazione del fascicolo d’ufficio)
All’atto della costituzione dell’attore, o, se questi non si è costituito, all’atto della costituzione del convenuto, su presentazione della nota d’iscrizione a ruolo, il cancelliere iscrive la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle comparse e delle memorie in carta non bollata e, successivamente, i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 168 bis (Designazione del giudice istruttore)
Formato un fascicolo d’ufficio a norma dell’articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il quale, con decreto scritto in calce della nota d’iscrizione al ruolo, designa il giudice istruttore davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso all’istruzione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente assegna la causa ad una di esse, e il presidente di questa provvede nelle stesse forme alla designazione del giudice istruttore.
La designazione del giudice istruttore deve in ogni caso avvenire non oltre il secondo giorno successivo alla costituzione della parte più diligente.
Subito dopo la designazione del giudice istruttore il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione, su quello del giudice istruttore e gli trasmette il fascicolo (1).
Se nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato (1).
Il giudice istruttore può differire, con decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni. In tal caso il cancelliere comunica alle parti costituite la nuova data della prima udienza (2).
(1) Comma così sostituito dall’art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma sostituito dall’art. 12, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato dall’art. 2, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Art. 169 (Ritiro dei fascicoli di parte)
Ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione di ritirare il proprio fascicolo dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo disponga.
Ciascuna parte ha la facoltà di ritirare il fascicolo all’atto della rimessione della causa al collegio a norma dell’articolo 189, ma deve restituirlo al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 170 (Notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento)
Dopo la costituzione in giudizio tutte le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
E’ sufficiente la consegna di una sola copia dell’atto, anche se il procuratore è costituito per più parti.
Le notificazioni e le comunicazioni alla parte che sia costituita personalmente si fanno nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto.
Le comparse e le memorie consentite dal giudice si comunicano mediante deposito in cancelleria oppure mediante notificazione o mediante scambio documentato con l’apposizione sull’originale, in calce o in margine, del visto della parte o del procuratore. Il giudice può prescrivere per singoli atti che si segua una o altra di queste forme.
Art. 171 (Ritardata costituzione delle parti)
Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti, si applicano le disposizioni dell’articolo 307, primo e secondo comma.
Se una delle parti si è costituita entro il termine rispettivamente a lei assegnato, l’altra parte può costituirsi successivamente fino alla prima udienza, ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all’articolo 167 (1).
La parte che non si costituisce neppure in tale udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la disposizione dell’articolo 291.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall’art. 13, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione II: DELLA DESIGNAZIONE DEL GIUDICE ISTRUTTORE
Art. 172 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 173 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581
Art. 174 (Immutabilità del giudice istruttore)
Il giudice designato è investito di tutta l’istruzione della causa e della relazione al collegio.
Soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio può essere sostituito con decreto del presidente. La sostituzione può essere disposta, quando è indispensabile, anche per il compimento dei singoli atti.
Capo II: DELL’ISTRUZIONE DELLA CAUSA
Sezione I: DEI POTERI DEL GIUDICE ISTRUTTORE IN GENERALE
Art. 175 (Direzione del procedimento)
Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento.
Egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali.
Quando il giudice ha omesso di provvedere a norma del comma precedente, si applica la disposizione dell’articolo 289.
Art. 176 (Forma dei provvedimenti)
Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti, hanno la forma dell’ordinanza.
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell’udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi.
Art. 177 (Effetti e revoca delle ordinanze)
Le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa.
Salvo quanto disposto dal seguente comma, le ordinanze possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
Non sono modificabili nè revocabili dal giudice che le ha pronunciate:
1) le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della quale queste possono disporre; esse sono tuttavia revocabili dal giudice istruttore o dal collegio, quando vi sia l’accordo di tutte le parti;
2) le ordinanze dichiarate espressamente non impugnabili dalla legge;
3) le ordinanze per le quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo (1);
4) le ordinanze per le quali sia stato proposto reclamo a norma dell’articolo seguente (2).
(1) Punto così modificato dall’art. 14, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Punto abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 178 (Controllo del collegio sulle ordinanze)
Le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo a norma dell’art. 189, tutte le questioni risolute dal giudice istruttore con ordinanza revocabile.
L’ordinanza del giudice istruttore, che non operi in funzione di giudice unico, quando dichiara l’estinzione del processo è impugnabile dalle parti con reclamo immediato al collegio (1).
Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrente dalla pronuncia della ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima.
Il reclamo è presentato con semplice dichiarazione nel verbale d’udienza, o con ricorso al giudice istruttore.
Se il reclamo è presentato in udienza, il giudice assegna nella stessa udienza, ove le parti lo richiedono, il termine per la comunicazione di una memoria, e quello successivo per la comunicazione di una replica. Se il reclamo è proposto con ricorso, questo è comunicato a mezzo della cancelleria alle altre parti, insieme con decreto, in calce, del giudice istruttore, che assegna un termine per la comunicazione dell’eventuale memoria di risposta. Scaduti tali termini, il collegio provvede entro i quindici giorni successivi (2).
Scaduti i termini previsti dal comma precedente, il collegio, entro i quindici giorni successivi, provvede in camera di consiglio con ordinanza, alla quale si applicano le disposizioni dell’articolo 279 quarto comma, e dell’articolo 280 (3).
Il provvedimento del collegio è limitato all’ammissibilità e alla rilevanza del mezzo di prova, e pertanto le parti non possono sottoporgli conclusioni di merito, nè totali nè parziali. Tuttavia il collegio, su richiesta di parte o d’ufficio, può limitarsi a rimettere con l’ordinanza le parti al giudice istruttore per gli adempimenti previsti dagli articoli 189 e 190 (3).
L’esecuzione dell’ordinanza è sospesa durante il termine per proporre reclamo e durante il giudizio su questo, salvo che il giudice istruttore, nei casi d’urgenza, l’abbia dichiarata esecutiva nonostante reclamo (3).
(1) Comma così sostituito dall’art. 15, comma 1, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(2) Comma così modificato dall’art. 15, comma 2, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(3) Comma abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 179 (Ordinanze di condanna a pene pecuniarie)
Se la legge non dispone altrimenti, le condanne a pene pecuniarie previste nel presente codice sono pronunciate con ordinanza del giudice istruttore.
L’ordinanza pronunciata in udienza in presenza dell’interessato e previa contestazione dell’addebito non è impugnabile; altrimenti il cancelliere la notifica al condannato, il quale, nel termine perentorio di tre giorni, può proporre reclamo con ricorso allo stesso giudice che l’ha pronunciata.
Questi, valutate le giustificazioni addotte, pronuncia sul reclamo con ordinanza non impugnabile.
Le ordinanze di condanna previste nel presente articolo costituiscono titolo esecutivo.
Sezione II: DELLA TRATTAZIONE DELLA CAUSA
Art. 180 (Udienza di prima comparizione e forma della trattazione) (°)
All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comme, dall’articolo 164, dall’articolo 167, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma (1).
La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell’ultimo comma dell’articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio (1).
Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(°) Rubrica così sostituita dall’art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
(1) L’originario primo comma è stato sostituito con gli attuali primo e secondo comma dall’art. 4, comma 1, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 181 (Mancata comparizione delle parti)
Se nessuna delle parti comparisce nella prima udienza, il giudice fissa una udienza successiva, di cui il cancelliere dà comunicazioni alle parti costituite. Se nessuna delle parti comparisce alla nuova udienza il giudice, con ordinanza non impugnabile, dispone la cancellazione della causa dal ruolo (1).
Se l’attore costituito non comparisce alla prima udienza, e il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, il giudice fissa una nuova udienza, della quale il cancelliere dà comunicazione all’attore. Se questi non comparisce alla nuova udienza, il giudice, se il convenuto non chiede che si proceda in assenza di lui, ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma modificato dall’art. 16, L. 26 novembre 1990, n. 353 e successivamente così modificato dall’art. 4, comma 1 bis, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 182 (Difetto di rappresentanza o di autorizzazione)
Il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità della costituzione delle parti e, quando occorre, le invita a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi.
Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza.
Art. 183 (Prima udienza di trattazione)
Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116.
Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116.
Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate (1).
Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l’udienza per i provvedimenti di cui all’articolo 184 (1).
Articolo così sostituito dall’art. 17, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall’art. 5, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 184 (Deduzioni istruttorie)
Salva l’applicazione dell’articolo 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonchè altro termine per l’eventuale indicazione di prova contraria.
I termini di cui al comma precedente sono perentori.
Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi.
Articolo così sostituito dall’art. 18, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 184 bis (Rimessione in termini)
La parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini (1).
Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.
Articolo aggiunto dall’art. 19, L. 26 novembre 1990, n. 353.
(1) Comma così sostituito dall’art. 6, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 185 (Tentativo di conciliazione)
Se la natura della causa lo consente, il giudice istruttore, nella prima udienza, deve cercare di conciliare le parti, disponendo, quando occorre, la loro comparizione personale (1).
Il tentativo di conciliazione può essere rinnovato in qualunque momento dell’istruzione.
Quando le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della convenzione conclusa. Il processo verbale costituisce titolo esecutivo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 (Pronuncia dei provvedimenti)
Sulle domande e sulle eccezioni delle parti, il giudice istruttore, sentite le loro ragioni, dà in udienza i provvedimenti opportuni; ma può anche riservarsi di pronunciarli entro i cinque giorni successivi.
Art. 186 bis (Ordinanza per il pagamento di somme non contestate)
Su istanza di parte il giudice istruttore può disporre, fino al momento della precisazione delle conclusioni, il pagamento delle somme non contestate dalle parti costituite.
L’ordinanza costituisce titolo esecutivo e conserva la sua efficacia in caso di estinzione del processo.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177, primo e secondo comma, e 178, primo comma.
Articolo aggiunto dall’art. 20, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 ter (Istanza di ingiunzione)
Fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all’art. 633, primo comma, n. 1), e secondo comma, e di cui all’art. 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna.
L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’art. 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’art. 642, nonchè, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’art. 648, primo comma. La provvisoria esecutorietà non può essere mai disposta ove la controparte abbia disconosciuto la scrittura privata prodotta contro di lei o abbia proposto querela di falso contro l’atto pubblico.
L’ordinanza è soggetta alla disciplina delle ordinanze revocabili di cui agli articoli 177 e 178, primo comma.
Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’art. 653, primo comma.
Se la parte contro cui è pronunciata l’ingiunzione è contumace, l’ordinanza deve essere notificata ai sensi e per gli effetti dell’art. 644. In tal caso l’ordinanza deve altresì contenere l’espresso avvertimento che, ove la parte non si costituisca entro il termine di venti giorni dalla notifica, diverrà esecutiva ai sensi dell’art. 647.
L’ordinanza dichiarata esecutiva costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.
Articolo aggiunto dall’art. 21, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 186 quater (Ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione)
Esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che ha proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, può disporre con ordinanza il pagamento ovvero la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. Con l’ordinanza il giudice provvede sulle spese processuali.
L’ordinanza è titolo esecutivo. Essa è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio.
Se, dopo la pronuncia dell’ordinanza, il processo si estingue, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
La parte intimata può dichiarare di rinunciare alla pronuncia della sentenza, con atto notificato all’altra parte e depositato in cancelleria. Dalla data del deposito dell’atto modificato, l’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza.
Articolo aggiunto dall’art. 7, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Art. 187 (Provvedimenti del giudice istruttore)
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di merito senza bisogno di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio.
Può rimettere le parti al collegio affinchè sia decisa separatamente una questione di merito avente carattere preliminare, solo quando la decisione di essa può definire il giudizio.
Il giudice provvede analogamente se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza o ad altre pregiudiziali, ma può anche disporre che siano decise unitamente al merito.
Qualora il collegio provveda a norma dell’articolo 279, secondo comma, numero 4), i termini di cui all’articolo 184, non concessi prima della rimessione al collegio, sono assegnati dal giudice istruttore, su istanza di parte, nella prima udienza dinanzi a lui (1).
Il giudice dà ogni altra disposizione relativa al processo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così modificato dall’art. 22, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 188 (Attività istruttoria del giudice)
Il giudice istruttore provvede all’assunzione dei mezzi di prova e, esaurita l’istruzione, rimette le parti al collegio per la decisione a norma dell’articolo seguente.
Art. 189 (Rimessione al collegio)
Il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, a norma dei primi tre commi dell’articolo 187 o dell’articolo 188, invita le parti a precisare davanti a lui le conclusioni che intendono sottoporre al collegio stesso, nei limiti di quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previsti dall’articolo 187, secondo e terzo comma (1).
La rimessione investe il collegio di tutta la causa, anche quando avviene a norma dell’articolo 187, secondo e terzo comma.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) Comma così sostituito dall’art. 23, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190 (Comparse conclusionali e memorie)
Le comparse conclusionali debbono essere depositate entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla rimessione della causa al collegio e le memorie di replica entro i venti giorni successivi.
Per il deposito delle comparse conclusionali il giudice istruttore, quando rimette la causa al collegio, può fissare un termine più breve, comunque non inferiore a venti giorni.
Articolo così sostituito dall’art. 24, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 190 bis (Decisione del giudice istruttore in funzione di giudice unico)
Per le cause che devono essere decise dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, questi, fatte precisare le conclusioni ai sensi dell’articolo 189, dispone lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell’articolo 190 e, quindi, deposita la sentenza in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Se una delle parti lo richiede il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali ai sensi dell’articolo 190, fissa l’udienza di discussione non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle comparse conclusionali; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Articolo aggiunto dall’art. 25, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Sezione III: DELL’ISTRUZIONE PROBATORIA
§ 1: DELLA NOMINA E DELLE INDAGINI DEL CONSULENTE TECNICO
Art. 191 (Nomina del consulente tecnico)
Nei casi di cui agli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con l’ordinanza prevista nell’articolo 187 ultimo comma o con altra successiva, nomina un consulente tecnico e fissa l’udienza nella quale questi deve comparire.
Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.
Art. 192 (Astensione e ricusazione del consulente)
L’ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all’udienza fissata dal giudice.
Il consulente che non ritiene di accettare l’incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l’ha nominato almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore.
Questi provvede con ordinanza non impugnabile.
Art. 193 (Giuramento del consulente)
All’udienza di comparizione il giudice istruttore ricorda al consulente l’importanza delle funzioni che è chiamato ad adempiere, e ne riceve il giuramento di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere ai giudici la verità.
Art. 194 (Attività del consulente)
Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all’articolo 62, da sè solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sè solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze.
Art. 195 (Processo verbale e relazione)
Delle indagini del consulente si forma processo verbale, quando sono compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche disporre che il consulente rediga relazione scritta.
Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice, il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
La relazione deve essere depositata in cancelleria nel termine che il giudice fissa.
Art. 196 (Rinnovazione delle indagini e sostituzione del consulente)
Il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico.
Art. 197 (Assistenza all’udienza e audizione in camera di consiglio)
Quando lo ritiene opportuno il presidente invita il consulente tecnico ad assistere alla discussione davanti al collegio e ad esprimere il suo parere in camera di consiglio in presenza delle parti, le quali possono chiarire e svolgere le loro ragioni per mezzo dei difensori.
Art. 198 (Esame contabile)
Quando è necessario esaminare documenti contabili e registri, il giudice istruttore può darne incarico al consulente tecnico, affidandogli il compito di tentare la conciliazione delle parti.
Il consulente sente le parti e, previo consenso di tutte, può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa. Di essi tuttavia, senza il consenso di tutte le parti, non può fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’articolo 195.
Art. 199 (Processo verbale di conciliazione)
Se le parti si conciliano, si redige processo verbale della conciliazione, che è sottoscritto dalle parti e dal consulente tecnico e inserito nel fascicolo d’ufficio.
Il giudice istruttore attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale.
Art. 200 (Mancata conciliazione)
Se la conciliazione delle parti non riesce, il consulente espone i risultati delle indagini compiute e il suo parere in una relazione, che deposita in cancelleria nel termine fissato dal giudice istruttore.
Le dichiarazioni delle parti, riportate dal consulente nella relazione, possono essere valutate dal giudice a norma dell’articolo 116 secondo comma.
Art. 201 (Consulente tecnico di parte)
Il giudice istruttore, con l’ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico.
Il consulente della parte, oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche.
§ 2: DELL’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA IN GENERALE
Art. 202 (Tempo, luogo e modo dell’assunzione)
Quando dispone mezzi di prova, il giudice istruttore, se non può assumerli nella stessa udienza, stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’assunzione.
Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione ad un giorno prossimo.
Art. 203 (Assunzione fuori della circoscrizione del tribunale)
Se i mezzi di prova debbono assumersi fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruttore delega a procedervi il pretore del luogo, salvo che le parti richiedano concordemente e il presidente del tribunale consente che vi si trasferisca il giudice stesso.
Nell’ordinanza di delega al pretore, il giudice fissa il termine entro il quale la prova deve assumersi e l’udienza di comparizione delle parti per la prosecuzione del giudizio.
Il pretore, su istanza della parte interessata, procede all’assunzione del mezzo di prova e d’ufficio ne rimette il processo verbale al giudice istruttore prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l’assunzione non è esaurita.
Le parti possono rivolgere al giudice istruttore, direttamente o a mezzo del pretore delegato, istanza per la proroga del termine.
Art. 204 (Rogatorie alle autorità estere e ai consoli italiani)
Le rogatorie dei giudici italiani alle autorità estere per l’esecuzione di provvedimenti istruttori sono trasmesse per via diplomatica.
Quando la rogatoria riguarda cittadini italiani residenti all’estero, il giudice istruttore delega il console competente, che provvede a norma della legge consolare.
Per l’assunzione dei mezzi di prova e la prosecuzione del giudizio, il giudice pronuncia i provvedimenti previsti negli ultimi tre commi dell’articolo precedente.
Art. 205 (Risoluzione degli incidenti relativi alla prova)
Il giudice che procede all’assunzione dei mezzi di prova, anche se delegato a norma dell’articolo 203, pronuncia con ordinanza su tutte le questioni che sorgono nel corso della stessa.
Art. 206 (Assistenza delle parti all’assunzione)
Le parti possono assistere personalmente all’assunzione dei mezzi di prova.
Art. 207 (Processo verbale dell’assunzione)
Dell’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.
Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.
Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.
Art. 208 (Decadenza dall’assunzione)
Se non si presenta la parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, il giudice istruttore la dichiara decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non ne chieda l’assunzione.
La parte interessata può chiedere nell’udienza successiva al giudice la revoca dell’ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza dal diritto di assumere la prova. Il giudice dispone la revoca con ordinanza, quando riconosce che la mancata comparizione è stata cagionata da causa non imputabile alla stessa parte.
Articolo così sostituito dall’art. 26, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 209 (Chiusura dell’assunzione)
Il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti i mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza di cui all’articolo precedente, non vi sono altri mezzi da assumere, oppure quando egli ravvisa superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione.
§ 3: DELL’ESIBIZIONE DELLE PROVE
Art. 210 (Ordine di esibizione alla parte o al terzo)
Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell’articolo 118 l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo.
Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione.
Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposta l’istanza di esibizione.
Art. 211 (Tutela dei diritti del terzo)
Quando l’esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e prima di ordinare l’esibizione può disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi.
Il terzo può sempre fare opposizione contro l’ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli.
Art. 212 (Esibizione di copia del documento e dei libri di commercio)
Il giudice istruttore può disporre che, in sostituzione dell’originale, si esibisca una copia anche fotografica o un estratto autentico del documento.
Nell’ordinare l’esibizione di libri di commercio o di registri al fine di estrarne determinate partite, il giudice, su istanza dell’interessato, può disporre che siano prodotti estratti, per la formazione dei quali nomina un notaio e, quando occorre, un esperto affinchè lo assista.
Art. 213 (Richiesta d’informazioni alla pubblica amministrazione)
Fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211, il giudice può richiedere d’ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo.
§ 4: DEL RICONOSCIMENTO E DELLA VERIFICAZIONE DELLA SCRITTURA PRIVATA
Art. 214 (Disconoscimento della scrittura privata)
Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione.
Gli eredi o aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
Art. 215 (Riconoscimento tacito della scrittura privata)
La scrittura privata prodotta in giudizio si ha per riconosciuta:
1) se la parte, alla quale la scrittura è attribuita o contro la quale è prodotta, è contumace, salva la disposizione dell’articolo 293 terzo comma;
2) se la parte comparsa non la disconosce o non dichiara di non conoscerla nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione.
Quando nei casi ammessi dalla legge la scrittura è prodotta in copia autentica, il giudice istruttore può concedere un termine per deliberare alla parte che ne fa istanza nei modi di cui al numero 2.
Art. 216 (Istanza di verificazione)
La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore.
Art. 217 (Custodia della scrittura e provvedimenti istruttori)
Quando è chiesta la verificazione, il giudice istruttore dispone le cautele opportune per la custodia del documento, stabilisce il termine per il deposito in cancelleria delle scritture di comparazione, nomina, quando occorre, un consulente tecnico e provvede all’ammissione delle altre prove.
Nel determinare le scritture che debbono servire di comparazione, il giudice ammette, in mancanza di accordo delle parti, quelle la cui provenienza dalla persona che si afferma autrice della scrittura è riconosciuta oppure accertata per sentenza di giudice o per atto pubblico.
Art. 218 (Scritture di comparazione presso depositari)
Se le scritture di comparazione si trovano presso depositari pubblici o privati e l’asportazione non ne è vietata, il giudice istruttore può disporre il deposito in cancelleria in un termine da lui fissato.
Se la comparazione deve eseguirsi nel luogo dove si trovano le scritture, il giudice dà le disposizioni necessarie per le operazioni, che debbono compiersi in presenza del depositario.
Art. 219 (Redazione di scritture di comparazione)
Il giudice istruttore può ordinare alla parte di scrivere sotto dettatura, anche alla presenza del consulente tecnico.
Se la parte invitata a comparire personalmente non si presenta o rifiuta di scrivere senza giustificato motivo, la scrittura si può ritenere riconosciuta.
Art. 220 (Pronuncia del collegio)
Sull’istanza di verificazione pronuncia sempre il collegio.
Il collegio, nella sentenza che dichiara la scrittura o la sottoscrizione di mano della parte che l’ha negata, può condannare quest’ultima a una pena pecuniaria non inferiore a lire duemila e non superiore a lire quarantamila.
§ 5: DELLA QUERELA DI FALSO
Art. 221 (Modo di proposizione e contenuto della querela)
La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
La querela deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità, e deve essere proposta personalmente dalla parte oppure a mezzo di procuratore speciale, con atto di citazione o con dichiarazione da unirsi al verbale d’udienza.
È obbligatorio l’intervento nel processo del pubblico ministero.
Art. 222 (Interpello della parte che ha prodotto la scrittura)
Quando è proposta querela di falso in corso di causa, il giudice istruttore interpella la parte che ha prodotto il documento se intende valersene in giudizio. Se la risposta è negativa, il documento non è utilizzabile in causa; se è affermativa, il giudice, che ritiene il documento rilevante, autorizza la presentazione della querela nella stessa udienza o in una successiva; ammette i mezzi istruttori che ritiene idonei, e dispone i modi e i termini della loro assunzione.
Art. 223 (Processo verbale di deposito del documento)
Nell’udienza in cui è presentata la querela, si forma processo verbale di deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato.
Il processo verbale è redatto in presenza del pubblico ministero e delle parti, e deve contenere la descrizione dello stato in cui il documento si trova, con indicazione delle cancellature, abrasioni, aggiunte, scritture interlineari e di ogni altra particolarità che vi si riscontra.
Il giudice istruttore, il pubblico ministero e il cancelliere appongono la firma sul documento. Il giudice può anche ordinare che di esso sia fatta copia fotografica.
Art. 224 (Sequestro del documento)
Se il documento impugnato di falso si trova presso un depositario, il giudice istruttore può ordinarne il sequestro con le forme previste nel codice di procedura penale, dopo di che si redige il processo verbale di cui all’articolo precedente.
Se non è possibile il deposito del documento in cancelleria, il giudice dispone le necessarie cautele per la conservazione di esso e redige il processo verbale alla presenza del depositario, nel luogo dove il documento si trova.
Art. 225 (Decisione sulla querela)
Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio.
Il giudice istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal merito. In tal caso, su istanza di parte, può disporre che la trattazione della causa continui davanti a sè relativamente a quelle domande che possono essere decise indipendentemente dal documento impugnato.
Art. 226 (Contenuto della sentenza)
Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del documento e dispone che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo; condanna inoltre la parte querelante a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattromila e non superiore a lire quarantamila.
Con la sentenza che accerta la falsità il collegio, anche d’ufficio, dà le disposizioni di cui all’articolo 480 del codice di procedura penale
Art. 227 (Esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla querela)
L’esecuzione delle sentenze previste nell’articolo precedente non può aver luogo prima che siano passate in giudicato.
Se non è richiesta dalle parti, l’esecuzione è promossa dal pubblico ministero a spese del soccombente con l’osservanza, in quanto applicabili, delle norme dell’articolo 481 del codice di procedura penale.
§ 6: DELLA CONFESSIONE GIUDIZIALE E DELL’INTERROGATORIO FORMALE
Art. 228 (Confessione giudiziale)
La confessione giudiziale è spontanea o provocata mediante interrogatorio formale.
Art. 229 (Confessione spontanea)
La confessione spontanea può essere contenuta in qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell’articolo 117.
Art. 230 (Modo dell’interrogatorio)
L’interrogatorio deve essere dedotto per articoli separati e specifici.
Il giudice istruttore procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza che l’ammette.
Non possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può sempre chiedere i chiarimenti opportuni sulle risposte date.
Art. 231 (Risposta)
La parte interrogata deve rispondere personalmente. Essa non può servirsi di scritti preparati, ma il giudice istruttore può consentirle di valersi di note o appunti, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando particolari circostanze lo consigliano.
Art. 232 (Mancata risposta)
Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio.
Il giudice istruttore, che riconosce giustificata la mancata presentazione della parte per rispondere all’interrogatorio, dispone per l’assunzione di esso anche fuori della sede giudiziaria.
§ 7: DEL GIURAMENTO
Art. 233 (Deferimento del giuramento decisorio)
Il giuramento decisorio può essere deferito in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore, con dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte.
Esso deve essere formulato in articoli separati, in modo chiaro e specifico.
Art. 234 (Riferimento)
Finchè non abbia dichiarato di essere pronta a giurare, la parte, alla quale il giuramento decisorio è stato deferito, può riferirlo all’avversario nei limiti fissati dal codice civile.
Art. 235 (Irrevocabilità)
La parte, che ha deferito o riferito il giuramento decisorio, non può più revocarlo quando l’avversario ha dichiarato di essere pronto a prestarlo.
Art. 236 (Caso di revocabilità)
Se nell’ammettere il giuramento decisorio il giudice modifica la formula proposta dalla parte, questa può revocarlo.
Art. 237 (Risoluzione delle contestazioni)
Le contestazioni sorte tra le parti circa l’ammissione del giuramento decisorio sono decise dal collegio.
L’ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve essere notificata personalmente alla parte.
Art. 238 (Prestazione)
Il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è ricevuto dal giudice istruttore. Questi ammonisce il giurante sull’importanza religiosa e morale dell’atto e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false, e quindi lo invita a giurare (1).
Il giurante, in piedi, pronuncia a chiara voce le parole: “consapevole della responsabilità che col giuramento assumo davanti a Dio e agli uomini, giuro…”, e continua ripetendo le parole della formula su cui giura (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 8 ottobre 1996, n. 334, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma limitatamente alle parole “religiosa e” e del secondo comma limitatamente alle parole “davanti a Dio e agli uomini”.
Art. 239 (Mancata prestazione)
La parte alla quale il giuramento decisorio è deferito, se non si presenta senza giustificato motivo all’udienza all’uopo fissata, o, comparendo, rifiuta di prestarlo o non lo riferisce all’avversario, soccombe rispetto alla domanda o al punto di fatto relativamente al quale il giuramento è stato ammesso; e del pari soccombe la parte avversaria, se rifiuta di prestare il giuramento che le è riferito.
Il giudice istruttore, se ritiene giustificata la mancata comparizione della parte che deve prestare il giuramento, provvede a norma dell’articolo 232 secondo comma.
Art. 240 (Deferimento del giuramento suppletorio)
Nelle cause riservate alla decisione collegiale, il giuramento suppletorio può essere deferito esclusivamente dal collegio.
Articolo così modificato dall’art. 27, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 241 (Ammissibilità e contenuto del giuramento d’estimazione)
Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito dal collegio a una delle parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti il valore della cosa stessa. In questo caso il collegio deve anche determinare la somma fino a concorrenza della quale il giuramento avrà efficacia.
Art. 242 (Divieto di riferire il giuramento suppletorio)
Il giuramento deferito d’ufficio a una delle parti non può da questa essere riferito all’altra.
Art. 243 (Rinvio alle norme sul giuramento decisorio)
Per la prestazione del giuramento deferito d’ufficio si applicano le disposizioni relative al giuramento decisorio.
§ 8: DELLA PROVA PER TESTIMONI
Art. 244 (Modo di deduzione)
La prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata.
La parte contro la quale la prova è proposta, anche quando si oppone all’ammissione, deve indicare a sua volta nella prima risposta le persone che intende fare interrogare e deve dedurre per articoli separati i fatti sui quali debbono essere interrogate (1).
Il giudice istruttore, secondo le circostanze, può assegnare un termine perentorio alle parti per formulare o integrare tali indicazioni.
(1) Comma abrogato dall’art. 89, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 245 (Ordinanza di ammissione)
Con l’ordinanza che ammette la prova il giudice istruttore riduce le liste dei testimoni sovrabbondanti ed elimina i testimoni che non possono essere sentiti per legge.
La rinuncia fatta da una parte all’audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente.
Art. 246 (Incapacità a testimoniare)
Non possono essere assunte come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.
Art. 247 (Divieto di testimoniare)
Non possono deporre il coniuge ancorchè separato, i parenti o affini in linea retta e coloro che sono legati a una delle parti da vincoli di affiliazione, salvo che la causa verta su questioni di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia.
La Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 1974, n. 248, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo.
Art. 248 (Audizione dei minori degli anni quattordici)
I minori degli anni quattordici possono essere sentiti solo quando la loro audizione è resa necessaria da particolari circostanze. Essi non prestano giuramento.
La Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno 1975, n. 139, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo.
Art. 249 (Facoltà d’astensione)
Si applicano all’audizione dei testimoni le disposizioni degli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale relative alla facoltà d’astensione dei testimoni.
Art. 250 (Intimazione ai testimoni)
L’ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti.
Art. 251 (Giuramento dei testimoni)
I testimoni sono esaminati separatamente.
Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti, e legge la formula: “consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità”. Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: “lo giuro” (1).
(1) La Corte costituzionale, con sentenza n. 117 del 10 ottobre 1979, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non contiene l’inciso “se credente”. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 5 maggio 1995, n. 149, ha dichiarato l’illegittimità del comma nella parte in cui prevede:
a) che il giudice istruttore “ammonisce il testimone sull’importanza religiosa, se credente, e morale del giuramento e sulle”, anzichè stabilire che il giudice istruttore “avverte il testimone dell’obbligo di dire la verità e delle”;
b) che il giudice istruttore “legge la formula: “Consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null’altro che la verità”, anzichè stabilire che il giudice istruttore “lo invita a rendere la seguente dichiarazione: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”;
c) “Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: “lo giuro”.
Art. 252 (Identificazione dei testimoni)
Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, l’età e la professione, lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti, oppure interesse nella causa.
Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del testimone, e questi deve fornire in proposito i chiarimenti necessari. Delle osservazioni e dei chiarimenti si fa menzione nel processo verbale prima dell’audizione del testimone.
Art. 253 (Interrogazioni e risposte)
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d’ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell’articolo 231.
Art. 254 (Confronto dei testimoni)
Se vi sono divergenze tra le deposizioni di due o più testimoni, il giudice istruttore, su istanza di parte o d’ufficio, può disporre che essi siano messi a confronto.
Art. 255 (Mancata comparizione dei testimoni)
Se il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva. Con la medesima ordinanza lo condanna a una pena pecuniaria non inferiore a lire quattrocento e non superiore a lire ottomila, oltre che alle spese causate dalla mancata presentazione.
Se il testimone si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali, il giudice si reca nella sua abitazione o nel suo ufficio; e, se questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delega all’esame il pretore del luogo.
Art. 256 (Rifiuto di deporre e falsità della testimonianza)
Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale. Il giudice può anche ordinare l’arresto del testimone.
Art. 257 (Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame)
Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse siano chiamate a deporre.
Il giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha ritenuto l’audizione superflua a norma dell’articolo 245 o dei quali ha consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente esame.
§ 9: DELLE ISPEZIONI, DELLE RIPRODUZIONI MECCANICHE E DEGLI ESPERIMENTI
Art. 258 (Ordinanza d’ispezione)
L’ispezione di luoghi, di cose mobili e immobili, o delle persone è disposta dal giudice istruttore, il quale fissa il tempo, il luogo e il modo dell’ispezione.
Art. 259 (Modo dell’ispezione)
All’ispezione procede personalmente il giudice istruttore, assistito, quando occorre, da un consulente tecnico, anche se l’ispezione deve eseguirsi fuori della circoscrizione del tribunale, tranne che esigenze di servizio gli impediscano di allontanarsi dalla sede. In tal caso delega il pretore a norma dell’articolo 203.
Art. 260 (Ispezione corporale)
Il giudice istruttore può astenersi dal partecipare all’ispezione corporale e disporre che vi proceda il solo consulente tecnico.
All’ispezione corporale deve procedersi con ogni cautela diretta a garantire il rispetto della persona.
Art. 261 (Riproduzioni, copie ed esperimenti)
Il giudice istruttore può disporre che siano eseguiti rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggetti, documenti e luoghi, e, quando occorre, rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l’impiego di mezzi, strumenti o procedimenti meccanici.
Egualmente, per accertare se un fatto sia o possa essersi verificato in un dato modo, il giudice può ordinare di procedere alla riproduzione del fatto stesso, facendone eventualmente eseguire la rilevazione fotografica o cinematografica.
Il giudice presiede all’esperimento e, quando occorre, ne affida l’esecuzione a un esperto che presta giuramento a norma dell’articolo 193.
Art. 262 (Poteri del giudice istruttore)
Nel corso dell’ispezione o dell’esperimento il giudice istruttore può sentire testimoni per informazioni e dare i provvedimenti necessari per l’esibizione della cosa o per accedere alla località.
Può anche disporre l’accesso in luoghi appartenenti a persone estranee al processo, sentite se è possibile queste ultime, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi.
§ 10: DEL RENDIMENTO DEI CONTI
Art. 263 (Presentazione e accettazione del conto)
Se il giudice ordina la presentazione di un conto, questo deve essere depositato in cancelleria con i documenti giustificativi, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata per la discussione di esso.
Se il conto viene accettato, il giudice istruttore ne dà atto nel processo verbale e ordina il pagamento delle somme che risultano dovute. L’ordinanza non è impugnabile e costituisce titolo esecutivo.
Art. 264 (Impugnazione e discussione)
La parte che impugna il conto deve specificare le partite che intende contestare. Se chiede un termine per la specificazione, il giudice istruttore fissa un’udienza per tale scopo.
Se le parti, in seguito alla discussione, concordano nel risultato del conto, il giudice provvede a norma del secondo comma dell’articolo precedente.
In ogni caso il giudice può disporre, con ordinanza non impugnabile il pagamento del sopravanzo che risulta dal conto o dalla discussione dello stesso.
Art. 265 (Giuramento)
Il collegio può ammettere il creditore a determinare con giuramento le somme a lui dovute, se la parte tenuta al rendiconto non lo presenta o rimane contumace. Si applica in tal caso la disposizione dell’articolo 241.
Il collegio può altresì ordinare a chi rende il conto di asseverare con giuramento le partite per le quali non si può, o non si suole richiedere ricevuta; ma può anche ammetterle senza giuramento, quando sono verosimili e ragionevoli.
Art. 266 (Revisione del conto approvato)
La revisione del conto che la parte ha approvato può essere chiesta, anche in separato processo, soltanto in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite.
Sezione IV: DELL’INTERVENTO DI TERZI E DELLA RIUNIONE DI PROCEDIMENTI
§ 1: DELL’INTERVENTO DI TERZI
Art. 267 (Costituzione del terzo interveniente)
Per intervenire nel processo a norma dell’articolo 105, il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell’articolo 167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura.
Il cancelliere dà notizia dell’intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.
Art. 268 (Termine per l’intervento)
L’intervento può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni.
Il terzo non può compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l’integrazione necessaria del contraddittorio.
Articolo così sostituito dall’art. 28, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 269 (Chiamata di un terzo in causa)
Alla chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 106, la parte provvede mediante citazione a comparire nell’udienza fissata dal giudice istruttore ai sensi del presente articolo, osservati i termini dell’articolo 163-bis.
Il convenuto che intenda chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di risposta e contestualmente chiedere al giudice istruttore lo spostamento della prima udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. Il giudice istruttore, entro cinque giorni dalla richiesta, provvede con decreto a fissare la data della nuova udienza. Il decreto è comunicato dal cancelliere alle parti costituite. La citazione è notificata al terzo a cura del convenuto.
Ove, a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta, sia sorto l’interesse dell’attore a chiamare in causa un terzo, l’attore deve, a pena di decadenza, chiederne l’autorizzazione al giudice istruttore nella prima udienza. Il giudice istruttore, se concede l’autorizzazione, fissa una nuova udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell’articolo 163-bis. La citazione è notificata al terzo a cura dell’attore entro il termine perentorio stabilito dal giudice.
La parte che chiama in causa il terzo deve depositare la citazione notificata entro il termine previsto dall’articolo 165, e il terzo deve costituirsi a norma dell’articolo 166.
Nell’ipotesi prevista dal terzo comma, restano ferme per le parti le preclusioni ricollegate alla prima udienza di trattazione, ma il termine eventuale di cui all’ultimo comma dell’articolo 183 è fissato dal giudice istruttore nella udienza di comparizione del terzo, e i termini di cui all’articolo 184 decorrono con riferimento alla udienza successiva a quella di comparizione del terzo.
Articolo così sostituito dall’art. 29, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 270 (Chiamata di un terzo per ordine del giudice)
La chiamata di un terzo nel processo a norma dell’articolo 107 può essere ordinata in ogni momento dal giudice istruttore per una udienza che all’uopo egli fissa.
Se nessuna delle parti provvede alla citazione del terzo, il giudice istruttore dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 271 (Costituzione del terzo chiamato)
Al terzo si applicano, con riferimento all’udienza per la quale è citato, le disposizioni degli articoli 166 e 167, primo comma. Se intende chiamare a sua volta in causa un terzo, deve farne dichiarazione a pena di decadenza nella comparsa di risposta ed essere poi autorizzato dal giudice ai sensi del terzo comma dell’articolo 269.
Articolo così sostituito dall’art. 30, L. 26 novembre 1990, n. 353. Successivamente la Corte costituzionale, con sentenza 23 luglio 1997, n. 260, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede per il terzo chiamato in causa l’applicazione dell’art. 167, secondo comma, del presente codice.
Art. 272 (Decisione delle questioni relative all’intervento)
Le questioni relative all’intervento sono decise dal collegio insieme col merito, salvo che il giudice istruttore disponga a norma dell’articolo 187 secondo comma.
§ 2: DELLA RIUNIONE DEI PROCEDIMENTI
Art. 273 (Riunione di procedimenti relativi alla stessa causa)
Se più procedimenti relativi alla stessa causa pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, ne ordina la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per la stessa causa pende procedimento davanti ad altro giudice o ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto la riunione, determinando la sezione o designando il giudice davanti al quale il procedimento deve proseguire.
Art. 274 (Riunione di procedimenti relativi a cause connesse)
Se più procedimenti relativi a cause connesse pendono davanti allo stesso giudice, questi, anche d’ufficio, può disporne la riunione.
Se il giudice istruttore o il presidente della sezione ha notizia che per una causa connessa pende procedimento davanti ad altro giudice o davanti ad altra sezione dello stesso tribunale, ne riferisce al presidente, il quale, sentite le parti, ordina con decreto che le cause siano chiamate alla medesima udienza davanti allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimenti opportuni.
Art. 274 bis (Rapporti tra collegio e giudice istruttore in funzione di giudice unico)
Il collegio, quando rileva che una causa, rimessa dinanzi a lui per la decisione, deve essere decisa dal giudice istruttore in funzione di giudice unico, rimette la causa dinanzi a quest’ultimo con ordinanza non impugnabile. Il giudice istruttore provvede ai sensi dell’articolo 190-bis.
Il giudice istruttore, quando rileva che una causa, riservata per la decisione dinanzi a sè in funzione di giudice unico, deve essere rimessa al collegio, provvede ai sensi degli articoli 187, 188 e 189.
In caso di connessione tra cause attribuite al collegio e cause attribuite al giudice istruttore in funzione di giudice unico, questi ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, ai sensi dell’articolo 189, al collegio, il quale si pronuncia su tutte le domande, a meno che non sia disposta la separazione ai sensi dell’articolo 279, secondo comma, numero 5).
Alla nullità derivante dalla inosservanza delle disposizioni di legge relative alla composizione del tribunale giudicante si applicano gli articoli 158 e 161, primo comma.
Articolo aggiunto dall’art. 31, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Capo III: DELLA DECISIONE DELLA CAUSA
Art. 275 (Decisione del collegio)
Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata in cancelleria entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’articolo 190.
Ciascuna delle parti, nel precisare le conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, fermo restando il rispetto dei termini indicati nell’articolo 190 per il deposito delle difese scritte, la richiesta deve essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica.
Il presidente provvede sulla richiesta fissando con decreto la data dell’udienza di discussione, da tenersi entro sessanta giorni.
Nell’udienza il giudice istruttore fa la relazione orale della causa. Dopo la relazione, il presidente ammette le parti alla discussione; la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi.
Articolo così sostituito dall’art. 32, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 276 (Deliberazione)
La decisione è deliberata in segreto nella camera di consiglio. Ad essa possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione.
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d’ufficio e quindi il merito della causa.
La decisione è presa a maggioranza di voti. Il primo a votare è il relatore, quindi l’altro giudice e infine il presidente.
Se intorno a una questione si prospettano più soluzioni e non si forma la maggioranza alla prima votazione, il presidente mette ai voti due delle soluzioni per escluderne una, quindi mette ai voti la non esclusa e quella eventualmente restante, e così successivamente finchè le soluzioni siano ridotte a due, sulle quali avviene la votazione definitiva.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. La motivazione è quindi stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all’altro giudice.
Art. 277 (Pronuncia sul merito)
Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell’articolo 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria un’ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza.
Art. 278 (Condanna generica – Provvisionale)
Quando è già accertata la sussistenza di un diritto, ma è ancora controversa la quantità della prestazione dovuta, il collegio, su istanza di parte, può limitarsi a pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione.
In tal caso il collegio, con la stessa sentenza e sempre su istanza di parte, può altresì condannare il debitore al pagamento di una provvisionale, nei limiti della quantità per cui ritiene già raggiunta la prova.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 279 (Forma dei provvedimenti del collegio)
Il collegio quando provvede soltanto su questioni relative all’istruzione della causa, senza definire il giudizio, pronuncia ordinanza.
Il collegio pronuncia sentenza:
1) quando definisce il giudizio, decidendo questioni di giurisdizione o di competenza;
2) quando definisce il giudizio, decidendo questioni pregiudiziali attinenti al processo o questioni preliminari di merito;
3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito;
4) quando, decidendo alcune delle questioni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa;
5) quando, valendosi della facoltà di cui agli articoli 103, secondo comma, e 104, secondo comma, decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con distinti provvedimenti dispone la separazione delle altre cause e l’ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza.
I provvedimenti per l’ulteriore istruzione, previsti dai numeri 4 e 5, sono dati con separata ordinanza.
I provvedimenti del collegio, che hanno forma di ordinanza, comunque motivati, non possono mai pregiudicare la decisione della causa; salvo che la legge disponga altrimenti, essi sono modificabili e revocabili dallo stesso collegio, e non sono soggetti ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze. Le ordinanze del collegio sono sempre immediatamente esecutive. Tuttavia, quando sia stato proposto appello immediato contro una delle sentenze previste dal n. 4 del secondo comma, il giudice istruttore, su istanza concorde delle parti, qualora ritenga che i provvedimenti dell’ordinanza collegiale siano dipendenti da quelli contenuti nella sentenza impugnata, può disporre con ordinanza non impugnabile che l’esecuzione o la prosecuzione dell’ulteriore istruttoria sia sospesa sino alla definizione del giudizio di appello.
L’ordinanza è depositata in cancelleria insieme con la sentenza.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 280 (Contenuto e disciplina dell’ordinanza del collegio)
Con la sua ordinanza il collegio fissa l’udienza per la comparizione delle parti davanti al giudice istruttore o davanti a sè nel caso previsto nell’articolo seguente.
Il cancelliere inserisce l’ordinanza nel fascicolo di ufficio e ne dà tempestiva comunicazione alle parti a norma dell’articolo 176 secondo comma.
Per effetto dell’ordinanza il giudice istruttore è investito di tutti i poteri per l’ulteriore trattazione della causa.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 281 (Rinnovazione di prove davanti al collegio)
Quando ne ravvisa la necessità, il collegio, anche d’ufficio, può disporre la riassunzione davanti a sè di uno o più mezzi di prova.
Capo IV: DELL’ESECUTORIETÀ E DELLA NOTIFICAZIONE DELLE SENTENZE
Art. 282 (Esecuzione provvisoria)
La sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti.
Articolo così sostituito dall’art. 33, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 283 (Provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello)
Il giudice d’appello su istanza di parte, proposta con l’impugnazione principale o con quella incidentale, quando ricorrono gravi motivi, sospende in tutto o in parte l’efficacia esecutiva o l’esecuzione della sentenza impugnata.
Articolo così sostituito dall’art. 34, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 284 Articolo abrogato dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 285 (Modo di notificazione della sentenza)
La notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’articolo 170 primo e terzo comma.
Art. 286 (Notificazione nel caso d’interruzione)
Se dopo la chiusura della discussione si è avverato uno dei casi previsti nell’articolo 299, la notificazione della sentenza si può fare, anche a norma dell’articolo 303 secondo comma, a coloro ai quali spetta stare in giudizio.
Se si è avverato uno dei casi previsti nell’articolo 301, la notificazione si fa alla parte personalmente.
Capo V: DELLA CORREZIONE DELLE SENTENZE E DELLE ORDINANZE
Art. 287 (Casi di correzione)
Le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo.
Art. 288 (Procedimento di correzione)
Se tutte le parti concordano nel chiedere la stessa correzione, il giudice provvede con decreto.
Se è chiesta da una delle parti, il giudice, con decreto da notificarsi insieme col ricorso a norma dell’articolo 170 primo e terzo comma, fissa l’udienza nella quale le parti debbono comparire davanti a lui. Sull’istanza il giudice provvede con ordinanza, che deve essere annotata sull’originale del provvedimento.
Se è chiesta la correzione di una sentenza dopo un anno dalla pubblicazione, il ricorso e il decreto debbono essere notificati alle altre parti personalmente.
Le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione.
Art. 289 (Integrazione dei provvedimenti istruttori)
I provvedimenti istruttori, che non contengono la fissazione dell’udienza successiva o del termine entro il quale le parti debbono compiere gli atti processuali, possono essere integrati, su istanza di parte o d’ufficio, entro il termine perentorio di sei mesi dall’udienza in cui i provvedimenti furono pronunciati, oppure dalla loro notificazione o comunicazione se prescritte.
L’integrazione è disposta dal presidente del collegio nel caso di provvedimento collegiale e dal giudice istruttore negli altri casi, con decreto che è comunicato a tutte le parti a cura del cancelliere.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Capo VI: DEL PROCEDIMENTO IN CONTUMACIA
Art. 290 (Contumacia dell’attore)
Nel dichiarare la contumacia dell’attore a norma dell’articolo 171 ultimo comma, il giudice istruttore, se il convenuto ne fa richiesta, ordina che sia proseguito il giudizio e dà le disposizioni previste nell’articolo 187, altrimenti dispone che la causa sia cancellata dal ruolo, e il processo si estingue.
Art. 291 (Contumacia del convenuto)
Se il convenuto non si costituisce e il giudice istruttore rileva un vizio che importi nullità nella notificazione della citazione, fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza.
Se il convenuto non si costituisce neppure all’udienza fissata a norma del comma precedente, il giudice provvede a norma dell’articolo 171, ultimo comma.
Se l’ordine di rinnovazione della citazione di cui al primo comma non è eseguito, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’articolo 307, comma terzo.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 292 (Notificazione e comunicazione di atti al contumace)
L’ordinanza che ammette l’interrogatorio o il giuramento, e le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali da chiunque proposte sono notificate personalmente al contumace nei termini che il giudice istruttore fissa con ordinanza (1).
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale.
Tutti gli altri atti non sono soggetti a notificazione o comunicazione.
Le sentenze sono notificate alla parte personalmente.
La Corte costituzionale, con sentenza 28 novembre 1986, n. 250, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al conciliatore, di cui al titolo II del libro II del c.p.c.
(1) La Corte costituzionale, sentenza 6 giugno 1989, n. 317, ha dichiarato l’illegittimità del presente comma, in relazione all’art. 215, n. 1, dello stesso codice, nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si da atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati in precedenza.
Art. 293 (Costituzione del contumace)
La parte che è stata dichiarata contumace può costituirsi in ogni momento del procedimento fino all’udienza in cui la causa è rimessa al collegio a norma dell’articolo 189.
La costituzione può avvenire mediante deposito di una comparsa, della procura e dei documenti in cancelleria o mediante comparizione all’udienza.
In ogni caso il contumace che si costituisce può disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture contro di lui prodotte.
Art. 294 (Rimessione in termini)
Il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile.
Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti.
I provvedimenti previsti nel comma precedente sono pronunciati con ordinanza.
Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche se il contumace che si costituisce intende svolgere, senza il consenso delle altre parti, attività difensive che producono ritardo nella rimessione al collegio della causa che sia già matura per la decisione rispetto alle parti già costituite.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Capo VII: DELLA SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO
Sezione I: DELLA SOSPENSIONE DEL PROCESSO
Art. 295 (Sospensione necessaria)
Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
Articolo così sostituito dall’art. 35, L. 26 novembre 1990, n. 353.
Art. 296 (Sospensione su istanza delle parti)
Il giudice istruttore, su istanza di tutte le parti, può disporre che il processo rimanga sospeso per un periodo non superiore a quattro mesi.
Art. 297 (Fissazione della nuova udienza dopo la sospensione)
Se col provvedimento di sospensione non è stata fissata l’udienza in cui il processo deve proseguire, le parti debbono chiederne la fissazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla cessazione della causa di sospensione di cui all’art. 3 del codice di procedura penale o dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia civile o amministrativa di cui all’articolo 295 (1).
Nell’ipotesi dell’articolo precedente l’istanza deve essere proposta dieci giorni prima della scadenza del termine di sospensione.
L’istanza si propone con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale.
Il ricorso, col decreto che fissa l’udienza, è notificato a cura dell’istante alle altre parti nel termine stabilito dal giudice.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
(1) La Corte costituzionale, con sentenza 4 marzo 1970, n. 34, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui dispone la decorrenza del termine utile per la richiesta di fissazione della nuova udienza dalla cessazione della causa di sospensione anzichè dalla conoscenza che ne abbiano le parti del processo sospeso.
Art. 298 (Effetti della sospensione)
Durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento.
La sospensione interrompe i termini in corso, i quali ricominciano a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata nel provvedimento di sospensione o nel decreto di cui all’articolo precedente.
Sezione II: DELL’INTERRUZIONE DEL PROCESSO
Art. 299 (Morte o perdita della capacità prima della costituzione)
Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente, oppure l’altra parte provveda a citarli in riassunzione, osservati i termini di cui all’articolo 163 bis.
Articolo così sostituito dal D.P.R. 17 ottobre 1950, n. 857.
Art. 300 (Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace)
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti.
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell’articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell’evento.
Se questo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’articolo 292. Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso di riapertura dell’istruzione.
La Corte costituzionale, con sentenza 16 ottobre 1986, n. 220, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevede, ove emerga una situazione di scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione, ad opera del giudice, del caso al pubblico ministero perchè promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti debba l’attore riassumere il giudizio.
Art. 301 (Morte o impedimento del procuratore)
Se la parte è costituita a mezzo di procuratore, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore stesso.
In tal caso si applica la disposizione dell’articolo 299.
Non sono cause d’interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa.
Art. 302 (Prosecuzione del processo)
Nei casi previsti negli articoli precedenti la costituzione per proseguire il processo può avvenire all’udienza o a norma dell’articolo 166. Se non è fissata alcuna udienza, la parte può chiedere con ricorso al giudice istruttore o, in mancanza, al presidente del tribunale la fissazione dell’udienza. Il ricorso e il decreto sono notificati alle altre parti a cura dell’istante.
Art. 303 (Riassunzione del processo)
Se non avviene la prosecuzione del processo a norma dell’articolo precedente, l’altra parte può chiedere la fissazione dell’udienza, notificando quindi il ricorso e il decreto a coloro che debbono costituirsi per proseguirlo.
In caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto.
Se vi sono altre parti in causa, il decreto è notificato anche ad esse.
Se la parte che ha ricevuto la notificazione non comparisce all’udienza fissata, si procede in sua contumacia.
Art. 304 (Effetti dell’interruzione)
In caso d’interruzione del processo si applica la disposizione dell’articolo 298.
Art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione)
Il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di sei mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581. Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 15 dicembre 1967, n. 139, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente articolo per la parte in cui fa decorrere dalla data dell’interruzione del processo il termine per la sua prosecuzione o la sua riassunzione anche nei casi regolati dal precedente art. 301. Con successiva sentenza 6 luglio 1971, n. 159, la stessa Corte ha esteso l’illegittimità alla parte in cui si dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell’art. 299 e dell’art. 300 c.p.c. decorre dall’interruzione anzichè dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza.
Sezione III: DELL’ESTINZIONE DEL PROCESSO
Art. 306 (Rinuncia agli atti del giudizio)
Il processo si estingue per rinuncia agli atti del giudizio quando questa è accettata dalle parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione. L’accettazione non è efficace se contiene riserve o condizioni.
Le dichiarazioni di rinuncia e di accettazione sono fatte dalle parti o da loro procuratori speciali, verbalmente all’udienza o con atti sottoscritti e notificati alle altre parti.
Il giudice, se la rinuncia e l’accettazione sono regolari, dichiara l’estinzione del processo.
Il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice istruttore con ordinanza non impugnabile.
Art. 307 (Estinzione del processo per inattività delle parti)
Se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti siasi costituita entro il termine stabilito dall’articolo 166, ovvero, se, dopo la costituzione delle stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, abbia ordinata la cancellazione della causa dal ruolo, il processo, salvo il disposto del secondo comma dell’articolo 181 e dell’articolo 290, deve essere riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di un anno, che decorre rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma dell’articolo 166, o dalla data del provvedimento di cancellazione; altrimenti il processo si estingue.
Il processo, una volta riassunto a norma del precedente comma, si estingue se nessuna delle parti siasi costituita, ovvero se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.
Oltre che nei casi previsti dai commi precedenti, e salvo diverse disposizioni di legge, il processo si estingue altresì qualora le parti alle quali spetta di rinnovare la citazione, o di proseguire, riassumere o integrare il giudizio, non vi abbiano provveduto entro il termine perentorio stabilito dalla legge, o dal giudice che dalla legge sia autorizzato a fissarlo. Quando la legge autorizza il giudice a fissare il termine, questo non può essere inferiore ad un mese nè superiore a sei.
L’estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa. Essa è dichiarata con ordinanza del giudice istruttore, ovvero con sentenza del collegio, se dinanzi a questo venga eccepita.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 308 (Comunicazione e impugnabilità dell’ordinanza)
L’ordinanza che dichiara l’estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori della udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all’articolo 178 commi terzo, quarto e quinto.
Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza, se respinge il reclamo, e con ordinanza non impugnabile, se l’accoglie.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 309 (Mancata comparizione all’udienza)
Se nel corso del processo nessuna delle parti si presenta all’udienza, il giudice provvede a norma del primo comma dell’articolo 181.
Articolo così sostituito dalla L. 14 luglio 1950, n. 581.
Art. 310 (Effetti dell’estinzione del processo)
L’estinzione del processo non estingue l’azione.
L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e quelle che regolano la competenza.
Le prove raccolte sono valutate dal giudice a norma dell’articolo 116 secondo comma.
Le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.
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