Libro Primo: Delle persone e della famiglia
Titolo VI: Del matrimonio
Capo I: Della promessa di matrimonio
Art. 79 Effetti
La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo ne ad eseguire ciò che
si fosse convenuto per il caso di non adempimento.
Art. 80 Restituzione dei doni
Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della
promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto (785, 2694).
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'e avuto il
rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei
promittenti.
Art. 81 Risarcimento dei danni
La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per
scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a
contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante dalla
richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto
motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte
per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella
promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le
obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti (2056).
Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa
ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.
La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di
celebrare il matrimonio (2964 e seguenti).
Capo II: Del matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico e
del matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello stato
Art. 82 Matrimonio celebrato davanti a ministri del culto cattolico
Il matrimonio celebrato davanti a un ministro del culto cattolico e
regolato in conformità del Concordato con la Santa Sede e delle leggi
speciali sulla materia.
Art. 83 Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi
nello Stato
Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato è
regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto è stabilito
nella legge speciale concernente tale matrimonio.
Capo III: Del matrimonio celebrato davanti all'ufficiale dello stato
civile
Sezione I: Delle condizioni necessarie per contrarre matrimonio
Art. 84 Età
I minori di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza dell'interessato, accertata la sua maturità
psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico
ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di
consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto
sedici anni.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e
al tutore.
Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte
d'appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera
di consiglio.
Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel
quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.
Art. 85 Interdizione per infermità di mente
Non può contrarre matrimonio l'interdetto per infermità di mente (116,
117, 119, 414 e seguenti).
Se l'istanza di interdizione è soltanto promossa, il pubblico ministero
può richiedere che si sospenda la celebrazione del matrimonio; in tal caso
la celebrazione non può aver luogo finché la sentenza che ha pronunziato
sull'istanza non sia passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324).
Art. 86 Libertà di stato
Non può contrarre matrimonio chi è vincolato da un matrimonio precedente
(65, 116, 117, 124, c.p. 556).
Art. 87 Parentela, affinità, adozione e affiliazione
Non possono contrarre matrimonio fra loro:
gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;
i fratelli e le sorelle germani, consanguinei o uterini;
lo zio e la nipote, la zia e il nipote;
gli affini in linea retta; il divieto sussiste anche nel caso in cui
l'affinità deriva dal matrimonio dichiarato nullo o sciolto o per il quale
è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili;
gli affini in linea collaterale in secondo grado;
l'adottante, l'adottato e i suoi discendenti;
i figli adottivi della stessa persona;
l'adottato e i figli dell'adottante;
l'adottato e il coniuge dell'adottante, l'adottante e il coniuge
dell'adottato.
I divieti contenuti nei nn. 6, 7, 8 e 9 sono applicabili all'affiliazione.
I divieti contenuti nei nn. 2 e 3 si applicano anche se il rapporto
dipende da filiazione naturale.
Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio
nei casi indicati dai nn. 3 e 5, anche se si tratti di affiliazione o di
filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata anche nel caso
indicato dal n. 4 quando l'affinità deriva da matrimonio dichiarato nullo.
Il decreto è notificato agli interessati e al pubblico ministero.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art.
84.
Art. 88 Delitto
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l'una è
stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell'altra
(116, 117).
Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si
sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non è pronunziata
sentenza di proscioglimento.
Art. 89 Divieto temporaneo di nuove nozze
Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo
scioglimento, dall'annullamento o dalla cessazione degli effetti civili
del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo
scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente
matrimonio siano stati pronunciati in base all'art. 3, n. 2, lett. b) ed
f), della L. 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia
stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno
dei coniugi.
Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è
inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza
passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie, nei
trecento giorni precedenti lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione
degli effetti civili del matrimonio.
Si applicano le disposizioni dei commi quarto, quinto e sesto dell'art. 84
e del comma quinto dell'art. 87.
Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.
Art. 90 Assenza del minore
Con il decreto di cui all'art. 84 il tribunale o la corte di appello
nominano, se le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista
il minore nella stipulazione delle convenzioni matrimoniali.
Art. 91 Diversità di razza o di nazionalità (abrogato)
Art. 92 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali
(omissis)
Sezione II: Delle formalità preliminari del matrimonio
Art. 93 Pubblicazione
La celebrazione del matrimonio dev'essere preceduta dalla pubblicazione
fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile.
La pubblicazione consiste nell'affissione alla porta della casa comunale
di un atto dove si indica il nome, il cognome, la professione, il luogo di
nascita e la residenza degli sposi, se essi siano maggiori o minori di
età, nonché il luogo dove intendono celebrare il matrimonio. L'atto deve
anche indicare il nome del padre e il nome e il cognome della madre degli
sposi, salvi i casi in cui la legge vieta questa menzione (115, 138).
Art. 94 Luogo della pubblicazione
La pubblicazione deve essere richiesta all'ufficiale dello stato civile
del comune dove uno degli sposi ha la residenza ed è fatta nei comuni di
residenza degli sposi.
Se la residenza non dura da un anno, la pubblicazione deve farsi anche nel
comune della precedente residenza.
L'ufficiale dello stato civile cui si domanda la pubblicazione provvede a
chiederla agli ufficiali degli altri comuni nei quali la pubblicazione
deve farsi. Essi devono trasmettere all'ufficiale dello stato civile
richiedente il certificato dell'eseguita pubblicazione.
Art. 95 Durata della pubblicazione
L'atto di pubblicazione resta affisso alla porta della casa comunale
almeno per otto giorni, comprendenti due domeniche successive (100, 115,
138).
Art. 96 Richiesta della pubblicazione
La richiesta della pubblicazione deve farsi da ambedue gli sposi o da
persona che ne ha da essi ricevuto speciale incarico (81, 135).
Art. 97 Documenti per la pubblicazione
Chi richiede la pubblicazione deve presentare all'ufficiale dello stato
civile un estratto per riassunto dell'atto di nascita di entrambi gli
sposi, nonché ogni altro documento necessario a provare la libertà degli
sposi.
Coloro che esercitano o hanno esercitato la potestà debbono dichiarare
all'ufficiale di stato civile al quale viene rivolta la richiesta di
pubblicazione, sotto la propria personale responsabilità, che gli sposi
non si trovano in alcuna delle condizioni che impediscono il matrimonio a
norma dell'art. 87, di cui debbono prendere conoscenza attraverso la
lettura chiara e completa fatta dall'ufficiale di stato civile, con
ammonizione delle conseguenze penali delle dichiarazioni mendaci.
La dichiarazione prevista al comma precedente è resa e sottoscritta
dinanzi all'ufficiale di stato civile ed autenticata dallo stesso. Si
applicano le disposizioni degli artt. 20, 24 e 26 della L. 4 gennaio 1968,
n. 15.
In difetto della dichiarazione prevista nel secondo comma, l'ufficiale di
stato civile accerta d'ufficio, esclusivamente mediante esame dell'atto
integrale di nascita, l'assenza di impedimento di parentela o di affinità
a termini e per gli effetti di cui all'art. 87.
Qualora i richiedenti non presentino i documenti necessari, l'ufficiale di
stato civile provvede su loro domanda a richiederli.
(l) Articolo cosi modificato dalla L. 19 maggio 1971, n. 423 e
successivamente dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 98 Rifiuto della pubblicazione
L'ufficiale dello stato civile che non crede di poter procedere alla
pubblicazione rilascia un certificato coi motivi del rifiuto (112,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale, che provvede in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti).
Art. 99 Termine per la celebrazione del matrimonio
Il matrimonio non può essere celebrato prima del quarto giorno dopo
compiuta la pubblicazione.
Se il matrimonio non è celebrato nei centottanta giorni successivi, la
pubblicazione si considera come non avvenuta.
Art. 100 Riduzione del termine e omissione della pubblicazione
Il tribunale, su istanza degli interessati, con decreto non impugnabile
emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può ridurre,
per gravi motivi, il termine della pubblicazione. In questo caso la
riduzione del termine è dichiarata nella pubblicazione.
Può anche autorizzare, con le stesse modalità, per cause gravissime,
l'omissione della pubblicazione, quando venga presentato un atto di
notorietà con il quale quattro persone, ancorché parenti degli sposi,
dichiarano con giuramento, davanti al pretore del mandamento di uno degli
sposi, di ben conoscerli, indicando esattamente il nome e cognome, la
professione e la residenza dei medesimi e dei loro genitori, e assicurano
sulla loro coscienza che nessuno degli impedimenti stabiliti dagli artt.
85, 86, 87, 88 e 89 si oppone al matrimonio.
Il pretore deve far precedere all'atto di notorietà la lettura di detti
articoli e ammonire i dichiaranti sull'importanza della loro attestazione
e sulla gravità delle possibili conseguenze.
Quando è stata autorizzata la omissione della pubblicazione, gli sposi,
per essere ammessi alla celebrazione del matrimonio, devono presentare
all'ufficiale dello stato civile, insieme col decreto di autorizzazione,
gli atti previsti dall'art. 97.
Art. 101 Matrimonio in imminente pericolo di vita
Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l'ufficiale
dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del
matrimonio senza pubblicazione e senza l'assenso al matrimonio, se questo
è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro
impedimenti non suscettibili di dispensa (86, 87).
L'ufficiale dello stato civile dichiara nell'atto di matrimonio il modo
con cui ha accertato l'imminente pericolo di vita (Cod. Nav. 204, 834).
Sezione III: Delle opposizioni al matrimonio
Art. 102 Persone che possono fare opposizione
I genitori e, in mancanza loro, gli altri ascendenti e i collaterali entro
il terzo grado (76) possono fare opposizione al matrimonio dei loro
parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.
Se uno degli sposi è soggetto a tutela (343 e seguenti) o a cura (390 e
seguenti), il diritto di fare opposizione compete anche al tutore o al
curatore.
Il diritto di opposizione compete anche al coniuge della persona che vuole
contrarre un altro matrimonio.
Quando si tratta di matrimonio in contravvenzione all'art. 89, il diritto
di opposizione spetta anche, se il precedente matrimonio fu sciolto (149),
ai parenti del precedente marito e, se il matrimonio fu dichiarato nullo
(117 e seguenti), a colui col quale il matrimonio era stato contratto e ai
parenti di lui.
Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa
che vi osta un impedimento o se gli consta l'infermità di mente di uno
degli sposi, nei confronti del quale, a causa dell'età, non possa essere
promossa l'interdizione (414 e seguenti).
Art. 103 Atto di opposizione
L'atto di opposizione deve dichiarare la qualità che attribuisce
all'opponente il diritto di farla, le cause dell'opposizione, e contenere
l'elezione di domicilio nel comune dove siede il tribunale
L'atto deve essere notificato nella forma della citazione (Cod. Proc. Civ.
137, 163) agli sposi e all'ufficiale dello stato civile del comune nel
quale il matrimonio deve essere celebrato.
Art. 104 Effetti dell'opposizione
L'opposizione fatta da chi ne ha facoltà, per causa ammessa dalla legge,
sospende la celebrazione del matrimonio sino a che con sentenza passata in
giudicato sia rimossa l'opposizione.
Se l'opposizione è respinta, l'opponente, che non sia un ascendente o il
pubblico ministero, può essere condannato al risarcimento dei danni.
Art. 105 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali
(omissis)
Sezione IV: Della celebrazione del matrimonio
Art. 106 Luogo della celebrazione
Il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale
(110) davanti all'ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la
richiesta di pubblicazione (94, 109).
Art. 107 Forma della celebrazione
Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla
presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli
artt. 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una
dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere
rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono
unite in matrimonio.
L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la
celebrazione.
Art. 108 Inapponibilità di termini e condizioni
La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e in
moglie non può essere sottoposta ne a termine ne a condizione (1353).
Se le parti aggiungono un termine o una condizione, l'ufficiale dello
stato civile non può procedere alla celebrazione del matrimonio. Se ciò
nonostante il matrimonio è celebrato, il termine e la condizione si hanno
per non apposti (138).
Art. 109 Celebrazione in un comune diverso
Quando vi è necessità o convenienza di celebrare il matrimonio in un
comune diverso da quello indicato nell'art. 106, l'ufficiale dello stato
civile, trascorso il termine stabilito nel primo comma dell'art. 99,
richiede per iscritto l'ufficiale del luogo dove il matrimonio si deve
celebrare.
La richiesta è menzionata nell'atto di celebrazione e in esso inserita.
Nel giorno successivo alla celebrazione del matrimonio, l'ufficiale
davanti al quale esso fu celebrato invia, per la trascrizione, copia
autentica dell'atto all'ufficiale da cui fu fatta la richiesta.
Art. 110 Celebrazione fuori della casa comunale
Se uno degli sposi, per infermità o per altro impedimento giustificato
all'ufficio dello stato civile, è nell'impossibilità di recarsi alla casa
comunale, l'ufficiale si trasferisce col segretario nel luogo in cui si
trova lo sposo impedito, e ivi, alla presenza di quattro testimoni,
procede alla celebrazione del matrimonio secondo l'art. 107.
Art. 111 Celebrazione per procura
I militari e le persone che per ragioni di servizio si trovano al seguito
delle forze armate possono, in tempo di guerra, celebrare il matrimonio
per procura.
La celebrazione del matrimonio per procura può anche farsi se uno degli
sposi risiede all'estero e concorrono gravi motivi da valutarsi dal
tribunale nella cui circoscrizione risiede l'altro sposo. L'autorizzazione
è concessa con decreto non impugnabile emesso in camera di consiglio,
sentito il pubblico ministero.
La procura deve contenere l'indicazione della persona con la quale il
matrimonio si deve contrarre.
La procura deve essere fatta per atto pubblico (2699); i militari e le
persone al seguito delle forze armate, in tempo di guerra, possono farla
nelle forme speciali ad essi consentite.
Il matrimonio non può essere celebrato quando sono trascorsi centottanta
giorni da quello in cui la procura è stata rilasciata.
La coabitazione, anche temporanea dopo la celebrazione del matrimonio,
elimina gli effetti della revoca della procura, ignorata dall'altro
coniuge al momento della celebrazione.
Art. 112 Rifiuto della celebrazione
L'ufficiale dello stato civile non può rifiutare la celebrazione del
matrimonio se non per una causa ammessa dalla legge.
Se la rifiuta, deve rilasciare un certificato con l'indicazione dei motivi
(98,138).
Contro il rifiuto è dato ricorso al tribunale che provvede in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero (Cod. Proc. Civ. 737 e seguenti).
Art. 113 Matrimonio celebrato davanti a un apparente ufficiale
dello stato civile
Si considera celebrato davanti all'ufficiale dello stato civile il
matrimonio che sia stato celebrato dinanzi a persona la quale, senza avere
la qualità di ufficiale dello stato civile, ne esercitava pubblicamente le
funzioni, a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione,
abbiano saputo che la detta persona non aveva tale qualità.
Art. 114 Matrimonio del Re Imperatore e dei Principi Reali
(omissis)
Sezione V: Del matrimonio dei cittadini in paese straniero e degli
stranieri nello Stato
Art. 115 Matrimonio del cittadino
all'estero
Il cittadino è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione prima di
questo capo, anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le
forme ivi stabilite (84 e seguenti).
La pubblicazione deve anche farsi nello Stato a norma degli artt. 93, 94 e
95. Se il cittadino non risiede nello Stato, la pubblicazione si fa nel
comune dell'ultimo domicilio (43).
Art. 116 Matrimonio dello straniero nello Stato
Lo straniero che vuole contrarre matrimonio nello Stato deve presentare
all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell'autorità
competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a
cui è sottoposto nulla osta al matrimonio.
Anche lo straniero è tuttavia soggetto alle disposizioni contenute negli
artt. 85, 86, 87, nn.1, 2 e 4, 88 e 89.
Lo straniero che ha domicilio o residenza nello Stato deve inoltre far
fare la pubblicazione secondo le disposizioni di questo codice (93 e
seguenti).
Sezione VI: Della nullità del matrimonio
Art. 117 Matrimonio contratto con
violazione degli artt. 84, 86, 87 e 88
Il matrimonio contratto con violazione degli artt. 86, 87 e 88 può essere
impugnato dai coniugi, dagli ascendenti prossimi, dal pubblico ministero e
da tutti coloro che abbiano per impugnarlo un interesse legittimo e
attuale (125,127).
Il matrimonio contratto con violazione dell'art. 84 può essere impugnato
dai coniugi, da ciascuno dei genitori e dal pubblico ministero. La
relativa azione di annullamento può essere proposta personalmente dal
minore non oltre un anno dal raggiungimento della maggiore età. La
domanda, proposta dal genitore o dal pubblico ministero, deve essere
respinta ove, anche in pendenza del giudizio, il minore abbia raggiunto la
maggiore età ovvero vi sia stato concepimento o procreazione e in ogni
caso sia accertata la volontà del minore di mantenere in vita il vincolo
matrimoniale.
Il matrimonio contratto dal coniuge dell'assente non può essere impugnato
finché dura l'assenza.
Nei casi in cui si sarebbe potuta accordare l'autorizzazione ai sensi del
quarto comma dell'art. 87, il matrimonio non può essere impugnato dopo un
anno dalla celebrazione.
La disposizione del primo comma del presente articolo si applica anche nel
caso di nullità del matrimonio previsto dall'art. 68.
Art. 118 (abrogato)
Art. 119 Interdizione
Il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere
impugnato dal tutore, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano
un interesse legittimo se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza di
interdizione passata in giudicato, ovvero se la interdizione è stata
pronunziata posteriormente ma l'infermità esisteva al tempo del
matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l'interdizione, anche
dalla persona che era interdetta.
L'azione non può essere proposta se, dopo revocata l'interdizione, vi è
stata coabitazione per un anno.
Art. 120 Incapacità di intendere o di volere
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque
non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere,
per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del
matrimonio.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno
dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza delle facoltà
mentali.
Art. 121 (abrogato)
Art. 122 Violenza ed errore
Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è
stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità
derivante da cause esterne allo sposo.
Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui
consenso è stato dato per effetto di errore sull'identità della persona o
di errore essenziale su qualità personali dell'altro coniuge.
L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le
condizioni dell'altro coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe
prestato il suo consenso se l'avesse esattamente conosciute e purché
l'errore riguardi:
l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o
deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
l'esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla
reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta
riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di
annullamento non può essere proposta prima che la sentenza sia divenuta
irrevocabile;
la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti
concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di
annullamento non può essere proposta prima che la condanna sia divenuta
irrevocabile;
lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in
errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'art. 233, se la
gravidanza è stata portata a termine.
L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un anno
dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il
timore ovvero sia stato scoperto l'errore.
Art. 123 Simulazione
Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi quando gli
sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare
i diritti da esso discendenti.
L'azione non può essere proposta decorso un anno dalla celebrazione del
matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano convissuto come
coniugi successivamente alla celebrazione medesima.
Art. 124 Vincolo di precedente matrimonio
Il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell'altro
coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione deve
essere preventivamente giudicata (86, 117).
Art. 125 Azione del pubblico ministero
L'azione di nullità non può essere promossa dal pubblico ministero dopo la
morte di uno dei coniugi.
Art. 126 Separazione dei coniugi in pendenza del giudizio
Quando è proposta domanda di nullità del matrimonio, il Tribunale può, su
istanza di uno dei coniugi, ordinare la loro separazione temporanea
durante il giudizio; può ordinarla anche d'ufficio, se ambedue i coniugi o
uno di essi sono minori o interdetti.
Art. 127 Intrasmissibilità dell'azione
L'azione per impugnare il matrimonio non si trasmette agli eredi se non
quando il giudizio è già pendente alla morte dell'attore.
Art. 128 Matrimonio putativo
Se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si
producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la
nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede, oppure
quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da
timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi.
Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli
nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto
ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla
sentenza che dichiara la nullità.
Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei
coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli.
Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i
coniugi, ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o
concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o
incesto.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si
verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli
naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito.
Art. 129 Diritti dei coniugi in buona fede
Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad
ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di essi e per
un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme
periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore
dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato
a nuove nozze.
Per i provvedimenti che il giudice adotta riguardo ai figli, si applica
l'art. 155.
Art. 129 bis Responsabilità del coniuge in mala fede e del terzo
Il coniuge al quale sia imputabile la nullità del matrimonio, è tenuto a
corrispondere all'altro coniuge in buona fede, qualora il matrimonio sia
annullato, una congrua indennità, anche in mancanza di prova del danno
sofferto. L'indennità deve comunque comprendere una somma corrispondente
al mantenimento per tre anni. E' tenuto altresì a prestare gli alimenti al
coniuge in buona fede, sempre che non vi siano altri obbligati.
Il terzo al quale sia imputabile la nullità del matrimonio è tenuto a
corrispondere al coniuge in buona fede, se il matrimonio è annullato,
l'indennità prevista nel comma precedente.
In ogni caso il terzo che abbia concorso con uno dei coniugi nel
determinare la nullità del matrimonio è solidalmente responsabile con lo
stesso per il pagamento dell'indennità.
Sezione VII: Delle prove della celebrazione del matrimonio
Art. 130 Atto di celebrazione del
matrimonio
Nessuno può reclamare il titolo di coniuge e gli effetti del matrimonio,
se non presenta l'atto di celebrazione estratto dai registri dello stato
civile.
Il possesso di stato, quantunque allegato da ambedue i coniugi, non
dispensa dal presentare l'atto di celebrazione.
Art. 131 Possesso di stato
Il possesso di stato, conforme all'atto di celebrazione del matrimonio,
sana ogni difetto di forma.
Art. 132 Mancanza dell'atto di celebrazione
Nel caso di distruzione o di smarrimento dei registri dello stato civile
l'esistenza del matrimonio può essere provata a norma dell'art. 452.
Quando vi sono indizi che per dolo o per colpa del pubblico ufficiale o
per un caso di forza maggiore l'atto di matrimonio non è stato inserito
nei registri a ciò destinati, la prova dell'esistenza del matrimonio è
ammessa, sempre che risulti in modo non dubbio un conforme possesso di
stato.
Art. 133 Prova della celebrazione risultante da sentenza penale
Se la prova della celebrazione del matrimonio risulta da sentenza penale,
l'iscrizione della sentenza nel registro dello stato civile assicura al
matrimonio, dal giorno della sua celebrazione, tutti gli effetti riguardo
tanto ai coniugi quanto ai figli.
Sezione VIII: Disposizioni penali
Art. 134 Omissione di pubblicazione
Sono puniti con l'ammenda da L. 80.000 a L. 400.000 gli sposi e
l'ufficiale dello stato civile che hanno celebrato matrimonio senza che la
celebrazione sia stata preceduta dalla prescritta pubblicazione (93 e
seguenti).
Art. 135 Pubblicazione senza richiesta o senza documenti
E' punito con l'ammenda da L. 40.000 a L. 200.000 l'ufficiale dello stato
civile che ha proceduto alla pubblicazione di un matrimonio senza la
richiesta di cui all'art. 96 o quando manca alcuno dei documenti
prescritti dal primo comma dell'art. 97.
Art. 136 Impedimenti conosciuti dall'ufficiale dello stato civile
L'ufficiale dello stato civile che procede alla celebrazione del
matrimonio, quando vi osta qualche impedimento o divieto di cui egli ha
notizia, è punito con l'ammenda da L. 100.000 a L. 600.000.
Art. 137 Incompetenza dell'ufficiale dello stato civile. Mancanza
dei testimoni
E' punito con l'ammenda da L. 60.000 a L. 400.000 l'ufficiale dello stato
civile che ha celebrato un matrimonio per cui non era competente (106).
La stessa pena si applica all'ufficiale dello stato civile che ha
proceduto alla celebrazione di un matrimonio senza la presenza dei
testimoni.
Art. 138 Altre infrazioni
E' punito con l'ammenda stabilita nell'art. 135 l'ufficiale dello stato
civile che in qualunque modo contravviene alle disposizioni degli artt.
93, 95, 98, 99, 106, 107, 108, 109, 110 e 112 o commette qualsiasi altra
infrazione per cui non sia stabilita una pena speciale in questa sezione.
Art. 139 Cause di nullità note a uno dei coniugi
Il coniuge il quale, conoscendo prima della celebrazione una causa di
nullità del matrimonio, l'abbia lasciata ignorare all'altro, è punito, se
il matrimonio è annullato, con l'ammenda da L. 200.000 a L. 1.000.000.
Art. 140 Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze
La donna che contrae matrimonio contro il divieto dell'art. 89,
l'ufficiale che lo celebra e l'altro coniuge sono puniti con l'ammenda da
L. 100.000 a L. 200.000.
Art. 141 Competenza
I reati previsti nei precedenti articoli sono di competenza del tribunale.
NOTA Le contravvenzioni indicate negli articoli precedenti sono diventati
illeciti amministrativi. Vedere Leggi Speciali.
Art. 142 Limiti d'applicazione delle precedenti disposizioni
Le disposizioni della presente sezione si applicano quando i fatti ivi
contemplati non costituiscono reato più grave.
Capo IV: Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio
Art. 143 Diritti e doveri reciproci dei coniugi
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e
assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza
morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e
alla coabitazione (Cod. Pen. 570).
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie
sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a
contribuire ai bisogni della famiglia.
Art. 143 bis Cognome della moglie
La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva
durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.
Art. 143 ter (abrogato)
Art. 144 Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano
la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle
preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.
Art. 145 Intervento del giudice
In caso di disaccordo ciascuno dei coniugi può chiedere, senza formalità,
l'intervento del giudice il quale, sentite le opinioni espresse dai
coniugi e, per quanto opportuno, dai figli conviventi che abbiano compiuto
il sedicesimo anno, tenta di raggiungere una soluzione concordata.
Ove questa non sia possibile e il disaccordo concerne la fissazione della
residenza o altri affari essenziali, il giudice, qualora ne sia richiesto
espressamente e congiuntamente dai coniugi, adotta, con provvedimento non
impugnabile, la soluzione che ritiene più adeguata alle esigenze
dell'unità e della vita della famiglia.
Art. 146 Allontanamento dalla residenza familiare
Il diritto all'assistenza morale e materiale previsto dall'art. 143 è
sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi (Cod. Pen. 570) senza
giusta causa dalla residenza familiare, rifiuta di tornarvi.
La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di
scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio
costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.
Il giudice può, secondo le circostanze, ordinare il sequestro dei beni del
coniuge allontanatosi, nella misura atta a garantire l'adempimento degli
obblighi previsti dagli artt. 143, terzo comma, e 147.
Art. 147 Doveri verso i figli
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire
ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione
naturale e delle aspirazioni dei figli.
Art. 148 Concorso negli oneri
I coniugi devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo
precedente in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro
capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno
mezzi sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di
prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari
affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli.
In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di
chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni,
può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in
proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a
chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione
della prole.
Il decreto notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce
titolo esecutivo (Cod. Proc. Civ. 474), ma le parti ed il terzo debitore,
possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica.
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto
di ingiunzione, in quanto applicabili.
Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del
processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.
Capo V: Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi
Art. 149 Scioglimento del matrimonio
Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri
casi previsti dalla legge.
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi
dell'art. 82 o dell'art. 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte
di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Art. 150 Separazione personale
E' ammessa la separazione personale dei coniugi.
La separazione può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l'omologazione di
quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi.
Art. 151 Separazione giudiziale
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali
da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare
grave pregiudizio alla educazione della prole.
Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le
circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la
separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri
che derivano dal matrimonio.
Art. 152-153 (abrogati)
Art. 154 Riconciliazione
La riconciliazione tra i coniugi comporta l'abbandono della domanda di
separazione personale già proposta.
Art. 155 Provvedimenti riguardo ai figli
Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i
figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole,
con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa.
In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l'altro
coniuge deve contribuire al mantenimento, all'istruzione e all'educazione
dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suoi diritti nei rapporti
con essi.
Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa disposizione del
giudice, ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve
attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia
diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli
sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano
affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed
educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state
assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
L'abitazione nella casa familiare spetta di preferenza, e ove sia
possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli.
Il giudice dà inoltre disposizioni circa l'amministrazione dei beni dei
figli e, nell'ipotesi che l'esercizio della potestà sia affidato ad
entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell'usufrutto
legale.
In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia
collocata presso una terza persona o, nella impossibilità, in un istituto
di educazione (Cod. Proc. Civ. 710).
Nell'emanare i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al
contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell'accordo
fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle domande
delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi prova
dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice.
I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle
disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione
dell'esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alla
misura e alle modalità del contributo.
NOTA Il quarto comma dell'art.155 è stato dichiarato in parte
illegittimo dalla Corte Costituzionale (Sent. 454 del 19-27 luglio 1989).
Art. 156 Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i
coniugi
Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del
coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere
dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli
non abbia adeguati redditi propri.
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle
circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli artt. 433 e
seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare
idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa
sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e
dall'art. 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai
sensi dell'art. 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può
disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare
ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro
all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli
aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte,
può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi
precedenti.
Art. 156 bis Cognome della moglie
Il giudice può vietare alla moglie l'uso del cognome del marito quando
tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole, e può parimenti autorizzare
la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall'uso possa derivarle
grave pregiudizio.
Art. 157 Cessazione degli effetti della separazione
I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza
di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con
un'espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia
incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a
fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.
Art. 158 Separazione consensuale
La separazione per il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza
l'omologazione del giudice (Cod. Proc. Civ. 710-711)
Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al
mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice
riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare
nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare
allo stato l'omologazione.
Capo VI: Del regime patrimoniale della famiglia
Sezione I: Disposizioni generali
Art. 159 Del regime patrimoniale legale
tra i coniugi
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa
convenzione stipulata a norma dell'art. 162, è costituito dalla comunione
dei beni regolata dalla sezione III del presente capo.
Art. 160 Diritti inderogabili
Gli sposi non possono derogare, né ai diritti né ai doveri provvisti dalla
legge per effetto del matrimonio.
Art. 161 Riferimento generico a leggi o agli usi
Gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti
patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non
sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il
contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti.
Art. 162 Forma delle convenzioni matrimoniali
Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico
sotto pena di nullità.
La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell'atto
di celebrazione del matrimonio.
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, ferme restando le
disposizioni dell'art. 194.
Le convenzioni matrimoniali non possono essere opposte ai terzi quando a
margine dell'atto di matrimonio non risultano annotati la data del
contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti, ovvero la
scelta di cui al secondo comma.
Art. 163 Modifica delle convenzioni
Le modifiche delle convenzioni matrimoniali, anteriori o successive al
matrimonio, non hanno effetto se l'atto pubblico non è stipulato col
consenso di tutte le persone che sono state parti nelle convenzioni
medesime, o dei loro eredi.
Se uno dei coniugi muore dopo aver consentito con atto pubblico alla
modifica delle convenzioni, questa produce i suoi effetti se le altre
parti esprimono anche successivamente il loro consenso, salva
l'omologazione del giudice. L'omologazione può essere chiesta da tutte le
persone che hanno partecipato alla modificazione delle convenzioni o dai
loro eredi.
Le modifiche convenute e la sentenza di omologazione hanno effetto
rispetto ai terzi solo se ne è fatta annotazione in margine all'atto del
matrimonio.
L'annotazione deve inoltre essere fatta a margine della trascrizione delle
convenzioni matrimoniali ove questa sia richiesta a norma degli artt. 2643
e seguenti.
Art. 164 Simulazione delle convenzioni matrimoniali
E' consentita ai terzi la prova della simulazione delle convenzioni
matrimoniali (1417).
Le controdichiarazioni scritte possono aver effetto nei confronti di
coloro tra i quali sono intervenute, solo se fatte con la presenza ed il
simultaneo consenso di tutte le persone che sono state parti nelle
convenzioni matrimoniali.
Art. 165 Capacità del minore
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il
consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali, le quali sono
valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su di lui o
dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'art. 90.
Art. 166 Capacità dell'inabilitato
Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto
di matrimonio dall'inabilitato (415) o da colui contro il quale è stato
promosso giudizio di inabilitazione, è necessaria l'assistenza del
curatore già nominato. Se questi non è stato ancora nominato, si provvede
alla nomina di un curatore speciale.
Art. 166-bis Divieto di costituzione di dote
E' nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione di beni in
dote.
Sezione II: Del fondo patrimoniale
Art. 167 Costituzione del fondo
patrimoniale
Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per
testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando
determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o
titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal
terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi. L'accettazione può
essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con
annotazione del vincolo o in altro modo idoneo.
Art. 168 Impiego ed amministrazione del fondo
La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta ad
entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di
costituzione.
I frutti (820) dei beni costituenti il fondo patrimoniale sono impiegati
per i bisogni della famiglia.
L'amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata
dalle norme relative all'amministrazione della comunione legale.
Art. 169 Alienazione dei beni del fondo
Se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si
possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del
fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi
sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con
provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o
di utilità evidente.
Art. 170 Esecuzione sui beni e sui frutti
L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo
per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi
estranei ai bisogni della famiglia.
Art. 171 Cessazione del fondo
La destinazione del fondo termina a seguito dell'annullamento o dello
scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore
età dell'ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare, su istanza di
chi vi abbia interesse, norme per l'amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni
altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in
godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento
della comunione legale.
Art. 172-176 (abrogati)
Sezione III: Della comunione legale
Art. 177 Oggetto della comunione
Costituiscono oggetto della comunione:
gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il
matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non
consumati allo scioglimento della comunione;
i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo
scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Qualora. si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi
anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne
solo gli utili e gli incrementi.
Art. 178 Beni destinati all'esercizio di impresa
I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita
dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche
precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono
al momento dello scioglimento di questa.
Art. 179 Beni personali
Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge:
i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o
rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;
i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o
successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è
specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro
accessori;
i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne
quelli destinati alla conduzione di un'azienda facente parte della
comunione;
i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione
attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali
sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato
all'atto dell'acquisto (2647).
L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'art. 2683,
effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle
lett. c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti
dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.
Art. 180 Amministrazione dei beni della comunione
L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio
per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i
coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, nonché la
stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti
personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative
azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi.
Art. 181 Rifiuto di consenso
Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di
straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è
richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere
l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria
nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lett. d)
dell'art. 177 fa parte della comunione.
Art. 182 Amministrazione affidata ad uno solo dei coniugi
In caso di lontananza o di altro impedimento di uno dei coniugi l'altro,
in mancanza di procura del primo risultante da atto pubblico (2699) o da
scrittura privata autenticata (2703), può compiere, previa autorizzazione
del giudice e con le cautele eventualmente da questo stabilite, gli atti
necessari per i quali è richiesto, a norma del l'art. 180, il consenso di
entrambi i coniugi.
Nel caso di gestione comune di azienda, uno dei coniugi può essere
delegato dall'altro al compimento di tutti gli atti necessari all'attività
dell'impresa.
Art. 183 Esclusione dall'amministrazione
Se uno dei coniugi è minore o non può amministrare ovvero se ha male
amministrato, l'altro coniuge può chiedere al giudice di escluderlo
dall'amministrazione.
Il coniuge privato dell'amministrazione può chiedere al giudice di esservi
reintegrato, se sono venuti meno i motivi che hanno determinato
l'esclusione.
La esclusione opera di diritto riguardo al coniuge interdetto e permane
sino a quando non sia cessato lo stato di interdizione.
Art. 184 Atti compiuti senza il necessario consenso
Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell'altro
coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni
immobili o beni mobili elencati nell'art. 2683.
L'azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario
entro un anno (2964) dalla data in cui ha avuto conoscenza dell'atto e in
ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l'atto non sia
stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima
dello scioglimento della comunione l'azione non può essere proposta oltre
l'anno dallo scioglimento stesso.
Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo
comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell'altro è
obbligato su istanza di quest'ultimo a ricostruire la comunione nello
stato in cui era prima del compimento dell'atto o, qualora ciò non sia
possibile, al pagamento dell'equivalente secondo i valori correnti
all'epoca della ricostituzione della comunione.
Art. 185 Amministrazione dei beni personali del coniuge
All'amministrazione dei beni che non rientrano nella comunione o nel fondo
patrimoniale si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e
quarto dell'art. 217.
Art. 186 Obblighi gravanti sui beni della comunione
I beni della comunione rispondono:
di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momento dell'acquisto;
di tutti i carichi dell'amministrazione;
delle spese per il mantenimento della famiglia e per l'istruzione e
l'educazione dei figli e di ogni obbligazione contratta dai coniugi, anche
separatamente, nell'interesse della famiglia;
di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.
Art. 187 Obbligazioni contratte dai coniugi prima del matrimonio
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non
rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei coniugi prima del
matrimonio.
Art. 188 Obbligazioni derivanti da donazioni o successioni
I beni della comunione, salvo quanto disposto nell'art. 189, non
rispondono delle obbligazioni da cui sono gravate le donazioni e le
successioni conseguite dai coniugi durante il matrimonio e non attribuite
alla comunione.
Art. 189 Obbligazioni contratte separatamente dai coniugi
I beni della comunione fino al valore corrispondente alla quota del
coniuge obbligato, rispondono, quando i creditori non possono soddisfarsi
sui beni personali delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio, da uno
dei coniugi per il compimento di atti eccedenti l'ordinaria
amministrazione senza il necessario consenso dell'altro.
I creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto
anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui
beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge
obbligato. Ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della
comunione.
Art. 190 Responsabilità sussidiaria dei beni personali
I creditori possono agire in via sussidiaria sui beni personali di
ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, quando i beni
della comunione non sono sufficienti a soddisfare i debiti su di essa
gravanti.
Art. 191 Scioglimento della comunione
La comunione si scioglie per la dichiarazione di assenza o di morte
presunta, di uno dei coniugi, per l'annullamento, per lo scioglimento o
per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione
personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento
convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei
coniugi.
Nel caso di azienda di cui alla lett. d) dell'art. 177, lo scioglimento
della comunione può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la
forma prevista dall'art. 162.
Art. 192 Rimborsi e restituzioni
Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme
prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle
obbligazioni previste dall'art. 186.
E' tenuto altresì a rimborsare il valore dei beni di cui all'art. 189, a
meno che, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione da lui
compiuto, dimostri che l'atto stesso sia stato vantaggioso per la
comunione o abbia soddisfatto una necessità della famiglia.
Ciascuno dei coniugi può richiedere la restituzione delle somme prelevate
dal patrimonio personale ed impiegate in spese ed investimenti del
patrimonio comune.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento dello scioglimento
della comunione; tuttavia il giudice può autorizzarli in un momento
anteriore se l'interesse della famiglia lo esige o lo consente.
Il coniuge che risulta creditore può chiedere di prelevare beni comuni
sino a concorrenza del proprio credito. In caso di dissenso si applica il
quarto comma. I prelievi si effettuano sul denaro, quindi sui mobili e
infine sugli immobili.
Art. 193 Separazione giudiziale dei beni
La separazione giudiziale dei beni può essere pronunziata in caso di
interdizione (417) o di inabilitazione (414) di uno dei coniugi o di
cattiva amministrazione della comunione.
Può altresì essere pronunziata quando il disordine degli affari di uno dei
coniugi o la condotta da questi tenuta nell'amministrazione dei beni mette
in pericolo gli interessi dell'altro o della comunione o della famiglia,
oppure quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni di questa in
misura proporzionale alle proprie sostanze o capacità di lavoro.
La separazione può essere chiesta da uno dei coniugi o dal suo legale
rappresentante.
La sentenza che pronunzia la separazione retroagisce al giorno in cui è
stata proposta la domanda ed ha l'effetto di instaurare il regime di
separazione dei beni regolato nella sezione V del presente capo, salvi i
diritti dei terzi.
La sentenza è annotata a margine dell'atto di matrimonio e sull'originale
delle convenzioni matrimoniali (2653).
Art. 194 Divisione dei beni della comunione
La divisione dei beni della comunione legale si effettua ripartendo in
parti eguali l'attivo e il passivo.
Il giudice, in relazione alle necessità della prole e all'affidamento di
essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su una parte
dei beni spettanti all'altro coniuge.
Art. 195 Prelevamento dei beni mobili
Nella divisione i coniugi o i loro eredi hanno diritto di prelevare i beni
mobili che appartenevano ai coniugi stessi prima della comunione o che
sono ad essi pervenuti durante la medesima per successione o donazione. In
mancanza di prova contraria si presume che i beni mobili facciano parte
della comunione.
Art. 196 Ripetizione del valore in caso di mancanza delle cose da
prelevare
Se non si trovano i beni mobili che il coniuge o i suoi eredi hanno
diritto di prelevare a norma dell'articolo precedente essi possono
ripeterne il valore, provandone l'ammontare anche per notorietà, salvo che
la mancanza di quei beni sia dovuta a consumazione per uso o perimento o
per altra causa non imputabile all'altro coniuge.
Art. 197 Limiti al prelevamento nei riguardi dei terzi
Il prelevamento autorizzato dagli articoli precedenti non può farsi, a
pregiudizio dei terzi, qualora la proprietà individuale dei beni non
risulti da atto avente data certa (2702, 2704). E' fatto salvo al coniuge
o ai suoi eredi il diritto di regresso sui beni della comunione spettanti
all'altro coniuge nonché sugli altri beni di lui.
Art. 198-209 (abrogati)
Sezione IV: Della comunione convenzionale
Art. 210 Modifiche convenzionali alla
comunione legale dei beni
I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'art. 162,
modificare il regime della comunione legale dei beni purché i patti non
siano in contrasto con le disposizioni dell'art. 161.
I beni indicati alle lett. c), d) ed e), dell'art. 179 non possono essere
compresi nella comunione convenzionale.
Non sono derogabili le norme della comunione legale relative
all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote
limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale.
Art. 211 Obbligazioni dei coniugi contratte prima del matrimonio
I beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da uno dei
coniugi prima del matrimonio limitatamente al valore dei beni di proprietà
del coniuge stesso prima del matrimonio che, in base a convenzione
stipulata a norma dell'art. 162, sono entrati a far parte della comunione
dei beni.
Art. 212-214 (abrogati)
Sezione V: Del regime di separazione dei beni
Art. 215
I coniugi possono convenire che
ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati
durante il matrimonio.
Art. 216 (abrogato)
Art. 217 Amministrazione e godimento dei beni
Ciascun coniuge ha il godimento e l'amministrazione dei beni di cui è
titolare esclusivo.
Se ad uno dei coniugi è stata conferita la procura ad amministrare i beni
dell'altro con l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli è tenuto verso
l'altro coniuge secondo le regole del mandato (1710, 1718).
Se uno dei coniugi ha amministrato i beni dell'altro con procura senza
l'obbligo di rendere conto dei frutti, egli ed i suoi eredi, a richiesta
dell'altro coniuge o allo scioglimento o alla cessazione degli effetti
civili del matrimonio, sono tenuti a consegnare i frutti esistenti e non
rispondono per quelli consumati.
Se uno dei coniugi, nonostante l'opposizione dell'altro, amministra i beni
di questo o comunque compie atti relativi a detti beni risponde dei danni
e della mancata percezione dei frutti.
Art. 218 Obbligazioni del coniuge che gode dei beni dell'altro
coniuge
Il coniuge che gode dei beni dell'altro coniuge è soggetto a tutte le
obbligazioni dell'usufruttuario (1001).
Art. 219 Prova della proprietà dei beni
Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell'altro la
proprietà esclusiva di un bene.
I beni di cui nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva
sono di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi.
Art. 220-230 (abrogati)
Sezione VI: Dell'impresa familiare
Art. 230-bis Impresa familiare
Salvo che configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in
modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa
familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale
della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni
acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine
all'avviamento, in proporzione alla quantità alla qualità del lavoro
prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli
indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a
maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I
familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di
agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare
il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo;
per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro
il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo
che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma
precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in
danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro,
ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire
in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i
partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione sull'azienda.
Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la disposizione dell'art.
732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura (2140) sono
regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.
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